di Antonio Salvati
Querida Amazonia (San Paolo 2020, pp. 192, € 3), l’esortazione apostolica di Papa Francesco post-sinodale – relativa al Sinodo speciale per l’Amazzonia svoltosi a Roma dal 6 al 27 ottobre 2019 – è un ricco testo profetico a favore di una terra dove si stanno concentrando gigantesche contraddizioni di carattere politico, economico ed ecologico.
Un testo (clicca qui per il testo) che condanna gli eccessi della colonizzazione dell’Amazzonia, piena di «contraddizioni e lacerazioni». Non solo indignazione, ma anche indicazioni che ci ricordano che è sempre possibile superare le diverse mentalità coloniali per costruire reti di solidarietà e di sviluppo: «la sfida è quella di assicurare una globalizzazione nella solidarietà, una globalizzazione senza marginalizzazione».
L’Amazzonia è attanagliata da un disastro ecologico che minaccia sia il bioma sia i popoli amazzonici. Per Papa Francesco non possiamo più fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico è sempre anche un approccio sociale, che «deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri». Ogni discorso sull’ambiente non può essere sganciato da quello sulla giustizia e dall’ascolto del grido delle popolazioni indigene, fluviali e afro-discendenti. «Molti sono gli alberi dove abitò la tortura e vasti i boschi comprati tra mille uccisioni», scrive la poetessa peruviana Ana Varela, citata nell’Esortazione.
Certamente un testo che ci aiuta anche a meglio comprendere come scaturiscono le misure adottate per contenere l’epidemia di coronavirus, considerato il legame strettissimo tra le malattie che stanno terrorizzando il Pianeta e la distruzione degli ecosistemi. Secondo il nuovo report di Wwf Italia l’emergenza sanitaria che sta sconvolgendo le vite di tutti noi è anche la conseguenza del nostro impatto sugli ecosistemi. «Quella provocata dal Coronavirus fa parte delle cosiddette malattie emergenti – come ad esempio Ebola, Sars, influenza aviaria o suina – che non sono catastrofi del tutto casuali ma mostrano numerosi elementi comuni. Spesso infatti le zoonosi, ovvero le malattie trasmesse dagli animali all’uomo, esattamente come il Covid-19, sono conseguenza di nostri comportamenti errati tra cui il commercio illegale o non controllato di specie selvatiche e, più in generale, l’impatto dell’uomo sugli ecosistemi naturali», ha affermato Isabella Pratesi. direttore del programma di conservazione del Wwf. La distruzione di habitat e di biodiversità provocata dall’uomo distrugge gli equilibri ecologici in grado di contrastare i microrganismi responsabili di alcune malattie e crea condizioni favorevoli alla loro diffusione. Dobbiamo comprendere che le foreste sono il nostro antivirus. La loro distruzione espone l’uomo a nuove forme di contatto con microbi e con specie selvatiche che li ospitano.
Per Papa Francesco è possibile e necessario cercare alternative di allevamento e agricoltura sostenibili, di energie che non inquinino, di risorse lavorative che non comportino la distruzione dell’ambiente e delle culture, assicurando agli indigeni e ai più poveri un’educazione adeguata, che sviluppi le loro capacità e li valorizzi. Su questi obiettivi si gioca la vera scaltrezza e la genuina capacità dei politici.
In Amazzonia – spiega Papa Francesco – incontriamo inoltre migliaia di comunità indigene, afro-discendenti, rivierasche e abitanti città, che a loro volta sono molto diverse tra loro e ospitano una grande diversità umana. Non tutti sanno che il territorio dell’Amazzonia comprende parte di Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Venezuela, Guyana, Suriname e Guyana Francese in un’area di circa 7,8 milioni di chilometri quadrati, nel cuore del Sud America. Nella regione amazzonica si concentra il 20% dell’acqua dolce non congelata della terra. Vi sorge il 34% dei boschi primari del pianeta, che a loro volta ospitano fra il 30 e il 40% della fauna e della flora mondiali. È un bioma, vale a dire un sistema vivo, che funge da stabilizzatore climatico regionale e globale, mantenendo l’aria umida, e produce un terzo delle piogge che alimentano la terra. Possiede una grande sociodiversità, dal momento che lo abitano circa 2.500.000 indigeni, appartenenti a 390 popoli, 137 dei quali isolati o senza contatti esterni; vi si parlano 240 lingue, appartenenti a 49 famiglie linguistiche diverse. I suoi abitanti si aggirano attorno ai 33 milioni.
In una realtà culturale come l’Amazzonia, dove esiste una relazione così stretta dell’essere umano con la natura, per il Papa si comprendono meglio le parole di Benedetto XVI quando diceva che «accanto all’ecologia della natura c’è un’ecologia che potremmo dire “umana”, la quale a sua volta richiede un’“ecologia sociale”. E ciò comporta che l’umanità […] debba tenere sempre più presenti le connessioni esistenti tra l’ecologia naturale, ossia il rispetto della natura, e l’ecologia umana». Per Francesco l’insistenza sul fatto che «tutto è connesso» vale in modo speciale per un territorio come l’Amazzonia. In qualsiasi progetto per l’Amazzonia, «è necessario assumere la prospettiva dei diritti dei popoli e delle culture, e in tal modo comprendere che lo sviluppo di un gruppo sociale […] richiede il costante protagonismo degli attori sociali locali a partire dalla loro propria cultura. Neppure la nozione di qualità della vita si può imporre, ma dev’essere compresa all’interno del mondo di simboli e consuetudini propri di ciascun gruppo umano». L’Amazzonia – denuncia il Pontefice – non è «un’immensità selvaggia da addomesticare», uno spazio da occupare e spartire in funzione di interessi esterni. Inizialmente venne considerato un territorio non occupato. Quando si scoprirono le risorse naturali, divenne un territorio di grande interesse. Gli indigeni – in un approccio chiaramente giudicato «colonialista» – sono visti come «intrusi o usurpatori», più «un ostacolo di cui liberarsi che come esseri umani con la medesima dignità di chiunque altro e con diritti acquisiti».
Querida Amazonia (letteralmente Amata Amazzonia) esprime la consapevolezza che la pace e l’equilibrio planetario dipendono anche dalla salute dell’Amazzonia, come pure da biomi come quello del Congo e del Borneo. Già nell’Enciclica Laudato si’ il Papa aveva fatto menzione di «quei polmoni del pianeta colmi di biodiversità che sono l’Amazzonia e il bacino fluviale del Congo». Pertanto, se la cura delle persone e la cura degli ecosistemi sono inseparabili, ciò diventa particolarmente significativo lì dove «la foresta non è una risorsa da sfruttare, è un essere, o vari esseri con i quali relazionarsi».
Se lasciata solamente alla sua dinamica spontanea, la globalizzazione, tende ad accrescere e approfondire le diseguaglianze, contro ogni giustizia di prossimità responsabile e di sussidiarietà comunitaria. È indispensabile un profondo ripensamento etico del legame sociale. Dobbiamo convincerci – sostiene con forza Monsignor Vincenzo Paglia – che, senza l’adeguato sostegno di una concezione cooperativa della vita umana, nessuna regolazione puramente giuridica e nessun ausilio tecnico potranno, da soli, garantire condizioni e contesti relazionali corrispondenti alla dignità della persona. Il dramma dell’Amazzonia – come quella del Covid19 – – si sconfigge anzitutto con gli anticorpi della solidarietà. I mezzi tecnici e clinici del contenimento per il Covid19 – spiega acutamente Paglia – devono essere integrati «da una vasta e profonda complicità con il bene comune, che dovrà contrastare la tendenza alla selezione dei loro vantaggi per i privilegiati e alla separazione dei vulnerabili in base alla cittadinanza, al reddito, alla politica, all’età». Altrimenti la dignità della persona andrà persa insieme con la preziosità dei suoi affetti. «La scienza – prosegue Paglia – non deve cedere al sovranismo o alla pressione politica; la scienza deve allearsi con la solidarietà e l’umanità. Viviamo in tempi in cui nessun governo, nessuna società, nessun tipo di comunità scientifica, devono considerarsi autoreferenziali».
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