Una donna architetto dimenticata, o semi – ignorata – e ora riscoperta. Dal dizionario biografico degli italiani della Treccani l’enciclopedia riporta alla voce Plautilla Bricci, redatta da Olivier Michel NEL 1972, nata a Roma il 13 agosto 1616, vissuta in città e morta dopo il 1700 (ovvero il 1705): «Pittrice e architetto, fu membro dell’Accademia di San Luca (…)». Due opere architettoniche le dettero fama in vita: «villa Benedetti (poi Mancini, poi Giraud), sulla via Aurelia presso la porta S. Pancrazio, denominata, per la sua forma, il Vascello», edificio progettato e costruito con il fratello Basilio, molto danneggiata nel 1849 per cui «non ci è possibile giudicare la ricchezza e l’originalità dei motivi architettonici», e la decorazione della cappella di San Luigi (terza a sinistra), nella chiesa di San Luigi dei Francesi.
A far riemergere questa figura dal passato in una Roma dove lavoravano genii come il Bernini e il Borromini, e con un titolo che è una presa di posizione lingistica sul genere maschile e sul genere femminile, è Melania G. Mazzucco con L’architettrice, (Einaudi, pp. 568, € 22,00), romanzo che si guadagna l’appello di «immenso» in una approfondita recensione di Alberto Asor Rosa pubblicata oggi 25 novembre sulle pagine di Repubblica.
Recensisce Asor Rosa, tra gli studiosi di letteratura italiana più importanti: «Straordinaria è, da parte di Mazzucco, la ricostruzione di questo ambiente vivo e debordante, sollecitante e corrotto, sensuale e bacchettone, ilare e triste da morire, che è la Roma del pieno Seicento: la Roma, per intenderci, di papi come Urbano VIII Barberini e Alessandro VII Chigi, tiranni e mecenati, dispensatori di ricchezze e insieme ai loro famigliari più stretti, prelati e cardinali anche loro, lucratori in maniera impensabile di benefici senza fine».
Plautilla era figlia di Giovanni Briccio, disegnatore e pittore di mancato successo presso la corte papale e l’aristocrazia romana che la educa alla pittura e la getta nell’agone artistico come bambina prodigio ma imponendole di restare vergine. Ma lei andrà molto più lontano.
Scrive ancora il letterato: «Accanto alla vera e propria moltitudine di artisti e architetti, che popolano le pagine storiche di questo libro — Bernini, Pietro da Cortona, Salvator Rosa, Borromini — la ricerca di sé e della propria vocazione da parte di Plautilla è un caso che emerge con forza dall’uniformità dell’insieme». Un doppio riconoscimento dunque: alla architettrice del XVII secolo da parte della scrittrice romana del 1966, a una delle principali voci della narrativa italiana con le parole di Alberto Asor Rosa.