Toni Morrison, prima donna afroamericana a vincere il Nobel per la Letteratura nel 1993, è morta a 88 anni in un ospedale del Bronx, New York. Ha scritto tra l’altro il romanzo “Beloved”, “Amatissima” con il quale vinse il premio Pulitzer.
Il suo nome all’anagrafe era Chloe Anthony Wofford. Era nata nell’Ohio nel 1931 in una famiglia operaia. Un suo nonno era stato uno schiavo. Toni Morrison crebbe in condizioni economiche difficili nella “steel country” dell’Ohio, la terra dell’acciaio, e iniziò a scrivere come madre single.
Si era schierata a favore di Barack Obama nel 2008 ed è stata vicina al Partito Democratico. In Italia è pubblicata da Frassinelli. Con uno stile spesso epico, come studiosa, docente e in primo luogo come scrittrice si è occupata con grande determinazione della cultura afroamericana, dell’identità dei neri, di donne. Nella sua narrativa ha saputo travalicare i cliché anche sui neri e soprattutto sulle donne nere scrivendo per esempio di una ragazza nera che sogna di avere gli occhi azzurri o di una madre capace di uccidere la figlia per salvarla dalla schiavitù, come accade in “Amatissima”.
Per avere un’idea del suo approccio, un suo articolo sul New Yorker del 21 novembre 2016 si intitolava “Making America White Again” (palese parafrasi dello slogan trumpiano “Make America Great Again”) con un “catenaccio” che sintetizzava così la sua analisi sulla piega presa dagli Stati Uniti: “Le scelte fatte da bianchi, pronti ad abbandonare la loro umanità per la paura degli uomini e delle donne nere, suggerisce il vero orrore di chi ha perso uno status”. Uno status sociale, converrà aggiungere, di diritti rispetto a milioni e milioni di persone che di quei diritti potevano godere solo sulla carta e non nella realtà.
Il suo romanzo più noto è appunto “Beloved”, del 1987, dal quale è stato tratto un film con la star televisiva Oprah Winfrey. Tradotto come “Amatissima” da noi, delinea la figura di Sethe, schiava negli Stati Uniti che ricorda come abbia ucciso la figlia perché ritiene la schiavitù a cui sarebbe andata incontro un destino peggiore della morte. Un personaggio complesso, come erano i personaggi di Toni Morrison, tormentato e nobile a un tempo.
Toni Morrison esordì quasi quarantenne nel 1970 con “The Bluest Eye” (“L’occhio più azzurro”): è su una ragazza di 11 anni, nera, Pecola Breedlove, che si odia perché si ritiene brutta per il colore della pelle. Un romanzo diventato un classico, in Nord America.
Oltre a scrivere narrativa, Morrison si è impegnata nel dare voce e nel creare un “canone” letteratura nera come editor della Random House dalla metà degli anni ’60. Così fu lei a seguire e curare le autobiografie del campione Muhammad Ali / Cassius Clay e l’attivista Angela Davis. E più d’uno ha riconosciuto che senza il suo contributo come editor molti autori neri non avrebbero visto la luce se non fosse stato per lei. È Toni Morrison che ha contribuito alle antologie di scrittori africani come Chinua Achebe e Wole Soyinka e lei seguì “The Black Book” (1974), volume che documentava la vita e la storia dei neri negli Usa ricordando le pubblicità per comprare schiavi e linciaggi.
Tra i suoi altri romanzi figurano “Canto di Salomone” (“Song of Solomon”) nel 1977 e “L’isola delle illusioni” (“Tar baby”, 1981), “Paradiso” del 1988, “Amore” del 2004. “Jazz e Playing in the Dark” (“Giochi al buio”) è un’antologia delle conferenze tenute all’Università di Harvard. Tra i riconoscimenti nordamericani e internazionali, in Italia ha ricevuto il Chianti Ruffino Antico Fattore nel 1990.