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Primo Levi non è stato solo la voce della Shoah, ma un grandissimo della letteratura

Il 31 luglio 1919 nasceva l'autore italiano oggi più tradotto. Anche i racconti provano la sua statura. Chi lo celebra, da Rimini al “Guardian”

Primo Levi non è stato solo la voce della Shoah, ma un grandissimo della letteratura
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11 Luglio 2019 - 11.12


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Il 31 luglio 1919 nasceva Primo Levi. “Oggi l’autore italiano più letto e tradotto al mondo”, riferisce oggi sulla Stampa 11 luglio Ernesto Ferrero, uno dei maggiori conoscitori dell’opera letteraria dello scrittore. Ferrero a ragione appunta: “Eppure quanti anni ci sono voluti per capire che l’insuperabile analista della Shoah è uno più grandi scrittori del Novecento, non soltanto italiano. Era già scrittore prima di partire da Fossoli sul treno piombato per Auschwitz”.

Il profilo dell’autore di Se questo è un uomo e La tregua si staglia sui monti della storia su un doppio registro: con quei capolavori letterari ha mostrato dall’interno, letterariamente e storicamente, con precisione scientifica, l’incubo dei Lager e l’epopea del dopo-lager per i sopravvissuti; d’altro canto Primo Levi non è solo la Shoah anche se quell’esperienza tutto ingloba e pervade portandolo a scegliere la morte l’11 aprile 1987: Primo Levi è uno dei grandi scrittori del Novecento. Valgano appunto i due romanzi citati, valgano non di meno i racconti del chimico diventato scrittore fondati sugli elementi Il sistema periodico che, ricorda sempre Ferrero, il quotidiano britannico Guardian ha giudicato il più bel libro di scienza mai scritto. Dall’argon al carbonio passando per idrogeno, zinco, piombo, uranio, Levi disegna un caleidoscopio dell’esistenza e di come è composta la vita in grado di appassionare su argomenti ostici o lontani ai più. Lo scrittore torinese seppe eccellere proprio anche nel racconto, non solo nella forma-romanzo, lo dimostrano anche le sequenze dei Racconti che aprono finestre anche sul rapporto tra noi e la tecnologia e distribuiti nelle sequenze “Storie naturali”, “Vizio di forma” e “Lilit”. Pagine nitide.

Per i 100 anni dalla nascita giustamente fioccano le iniziative, gli incontri, gli appuntamenti, le letture. Proprio sul Guardian Sam Jordison il 9 luglio scorso ricordava “Se questo è un uomo” e gli orrori e le sofferenze estreme subiti dai prigionieri dei nazisti raccontati da Levi e che sembravano indicibili. E ricorda, Jordison, come la poesia a prefazione di Se questo è un uomo si rivolga ancora oggi a tutti noi:
“Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo,
che lavora nel fango,
che non conosce pace,
che lotta per mezzo pane,
che muore per un sì o per un no…”

“Grazie alla scrittura precisa e vivida di Levi, ho un’idea di cosa significa essere privati di quel privilegio”, il privilegio di vivere liberi. “Secondo il cacciatore di nazisti Simon Wiesenthal – scrive ancora il Guardian – l’idea che una morte è una tragedia e l’idea che una morte è una tragedia e un milione è statistica apparve nell’autobiografia inedita di Adolf Eichmann, uno dei leader dell’Olocausto. C’è poco da dire sulla mostruosa stupidità di quell’idea, ma indica l’importanza di Se questo è un uomo. Levi rende ognuno di quei sei milioni di omicidi una tragedia individuale e ci aiuta a comprendere cosa deve aver significato per ognuno in termini di sofferenza umana”.

Per la ricorrenza Se questo è un uomo verrà letto in più luoghi. È stato letto di recente a new York, sarà interpretato il 31 luglio e il primo agosto al festival Le Città Visibili di Rimini sarà al centro dello spettacolo Se questo è Levi curato da Luigi De Angelis di Fanny & Alexander con l’attore riminese Andrea Argentieri nel ruolo dello scrittore e lungo tre tappe cittadine: lo Studio Balena di via Giovanni XXIII, il Ceis di Via Vezia, la sede del Consiglio comunale di Rimini in Via Solferino. Una performance che userà anche documenti audio e filmati dalle teche Rai per parlarci di quella tragedia immane e dell’oggi (info@e-production.org).

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