Andare al mare per un tuffo e stare in spiaggia, per agganciare fanciulle, per divertirsi è un diritto dei soli bianchi? Ci mancherebbe. Ci mancherebbe sopratutto che qualcuno racconti in forma letteraria cosa accade e cosa passa per la testa a dei ragazzi di origine africana che prima hanno vissuto il mare come un pericolo da attraversare, una minaccia, e invece adesso vogliono divertirsi un po’ come qualunque ragazzo desidera. Sono in quattro, sono richiedenti asilo, si chiamano Baboucar, Osman, Yaya, Robert. E decidono di prendere il treno per Falconara Marittima per passare due giorni al mare. Partono da Perugia, tanto che uno ha una borsa di Umbria Jazz mentre siamo ai giorni conclusivi del campionato europeo del 2016 che vedrà il Portogallo battere a sorpresa in finale la Francia e il calcio, nella narrazione, avrà un ruolo cruciale. Giovanni Dozzini, giornalista di Perugia, ha invece avuto l’ardire di impostare una narrazione da un’altra ottica e, per di più, ha osato narrare senza ricorrere alla tragedia come si racconterebbero passaggi di crescita di qualunque generazione. Il romanzo uscito a fine 2018 si intitola E Baboucar guidava la fila (Minimun Fax, pp. 165, € 15,00 ) e l’autore arriva a presentarlo alla Biblioteca Classense di Ravenna venerdì 20 febbraio alle 18 dopo averne già parlato altrove.
«La ricerca di una vita normale contro il pregiudizio che si è impossessato delle nostre menti. Sta tutto qui il senso» del romanzo, scrive Emanuele Lombardini in una recensione sul quotidiano Avvenire del 2 febbraio scorso e ripresa dall’editore nel sito web. Ricorda che l’autore «ha avuto testimonianza diretta di storie simili, avendo curato laboratori di giornalismo partecipativo proprio sul tema dell’integrazione».
«Dieci Buoni Motivi per NON leggere “E Baboucar guidava la fila”»
Uno scrittore al quale non manca l’ironia, se sul web Dozzini è arrivato a elencare ben
«Dieci Buoni Motivi per NON leggere “E Baboucar guidava la fila”». Motivi comprensibilissimi, d’altronde: non c’è una spartizione netta tra buoni e cattivi, per dirne uno. Inoltre Dozzini cerca di assumere il punto di vista di quei ragazzi senza adoprare toni drammatici o raccontare tragedie. Peggio che mai, i protagonisti
protagonisti del romanzo pretendono di condurre un’esistenza che secondo i nostri canoni potremmo definire “normale”. Vanno in giro con lo smartphone e usano Facebook e WhatsApp, vanno al mare, vanno al bar per vedere una partita di pallone. Invece dovrebbero accontentarsi. Di essere sopravvissuti». Già, ci sono persone che non tollerano che chi ci passa vicino e abbia un altro colore della pelle possa avere oggetti che per noi riteniamo un diritto inalienabile …
Volete un’idea dello stile del romanzo? Dalla copertina che richiama esplicitamente i Beatles a passeggio sulle strisce stradali, così recita l’incipit pubblicato dalla minimum fax: «Baboucar guidava la fila. Subito dopo di lui veniva Yaya, qualche metro più indietro gli altri quattro: Robert, Ousman e i due Mohamed. Accanto a loro scorrevano le fabbriche e i girasoli, poi arrivarono gli orti e le prime case del paese. Le macchine veloci di mezzogiorno gli facevano aria, i loro vestiti erano puliti, le scarpe da tennis di sottomarca, i jeans chiari, i cellulari in mano. Nella busta di plastica che Baboucar si stringeva al fianco si intravedevano asciugamani e un pettine, il più alto dei due Mohamed portava una shopper nera di Umbria Jazz a tracolla che sembrava quasi vuota. Tutti procedevano con la testa china e gli zaini in spalla, Ousman e Mohamed il Basso ogni tanto scambiavano qualche parola in wolof, gli altri ascoltavano la musica in silenzio e si lanciavano giusto qualche occhiata per capire da che parte andare. Quando furono alla fine della strada Baboucar fece cenno a tutti di fermarsi, e i sei si radunarono nello spigolo di uno spiazzo davanti a un bar». E con una frase che attesta come lo scrittore non ami i luoghi comuni di un “politically correct”, Dozzini aggiunge: «Baboucar si passò una mano sui capelli voluminosi, una grossa spugna nera incollata al nero della testa».
Volutamente l’autore non scava nella storia passata dei protagonisti, che hanno pochi quattrini e Baboucar ha una gran cotta per Mariam. Sono ragazzi affamati di vita come tutti i ragazzi. «I quattro protagonisti, con Baboucar in testa, riescono a superare i cliché, gli stereotipi e i pregiudizi senza nascondere le difficoltà, le paure che vivono confrontandosi con una realtà che per loro è, assolutamente, nuova e distante», appunta Giuseppe Lorenti in un articolo uscito su La Sicilia il 27 novembre scorso. E conclude che Dozzini, senza fare per forza dei santini di chi è arrivato nella penisola, ha «l’onestà di fotografare il loro vissuto (dei protagonisti, ndr) per ciò che è realmente».