Per non dimenticare l’incubo in cui possiamo ripiombare, tra le pagine sull’antisemitismo che era l’humus su cui crebbe la pianta dell’odio necessaria a mettere in atto l’Olocausto e darci un’idea pur remota della macchina dello sterminio tre libri possono aiutare. Piccola autobiografia di mio padre di Daniel Vogelmann (Giuntina editore, p. 42, € 5), appena uscito, Scolpitelo nel vostro cuore di Liliana Segre (Piemme, p. 120, € 12), pubblicato a novembre, Quel giorno, quell’anno di Antonio Debenedetti (Solferino Libri, pp. 80, € 10), intorno a vite tranquille fino all’introduzione delle leggi razziali fasciste nel 1938.
Schlim Vogelmann, tipografo nella lista Schindler
Partiamo da Vogelmann. Editore della casa editrice Giuntina, attenta tra l’altro a temi ebraici e di gran qualità, poeta nato nel 1948, nel libro ricostruisce le vicende del padre Schlim sopravvissuto ai lager grazie al suo mestiere: nel 1943 fu deportato. Era tipografo, perciò i nazisti da Auschwitz lo trasferirono a Plaszow perché lì i tedeschi stampavano sterline false con l’intento di minare l’economia inglese, poi lo mandarono in una fabbrica di Cracovia di un industriale che oggi conosciamo grazie al film di Spielberg, Schindler. «Mio padre Schulim mi ha sempre raccontato poco della sua vita, e non solo riguardo alla sua prigionia ad Auschwitz. Certe cose, poi, le ho sapute soltanto molti anni dopo la sua morte, come, per esempio, che c’era anche lui nella lista di Schindler. E io, purtroppo, non gli ho mai chiesto nulla, anche perché è morto quando avevo solo ventisei anni – scrive Daniel Vogelmann nella sua scheda su Piccola autobiografia di mio padre – Qualcosa, però, è giunto miracolosamente fino a me, e così ho scritto questa piccola autobiografia per le mie nipotine. Ma non solo per loro».
Liliana Segre: so cos’è essere clandestini e richiedenti asilo
Schlim Vogelmann fu deportato attraverso il famigerato binario 21 di Milano Centrale. Su quel treno nazisti e fascisti avevano costretto anche la famiglia Segre. Della quale si salvò soltanto la senatrice a vita che sa parlare con parole toccanti e precise e non accetta. Forse avete già letto queste parole di Liliana Segre perché valgono per sempre. Nei giorni in cui i carnefici nazisti si spogliano delle divise perché hanno perso e da vigliacchi quali sono cercano evitare quanto dovrebbero scontare, uscita dal Lager Liliana Segre può uccidere il comandante del campo. «Non ho mai saputo il suo nome (…). Per me lui era il Male, e basta. Il nazista si spogliava vicino a me, si era messo addirittura in mutande, perché faceva caldo. (…) Avrei voluto raccogliere quella pistola e sparargli. Potevo farlo. È stato un attimo, ma poi ho capito. Io non ero come lui. Non ero come il mio assassino». E oggi? «Ho provato sulla mia pelle cosa significa essere una clandestina – ha dichiarato in un’intervista sul Corriere della Sera ad Antonio Stella che ha giudicato Scolpitelo nel vostro cuore “bellissimo” – Con i documenti falsi. Oggi, quando sento parlare di clandestinità, quante cose mi tornano in mente. Io lo sono stata, con mio padre, avevamo documenti falsi perché cercavamo di fuggire alla persecuzione. E sono stata una richiedente asilo. So cosa significa essere respinta quando pensi di essere salva. Dopo la fuga sulle montagne dietro la Svizzera, nel pieno dell’inverno del 1943, arrivammo a destinazione. La meravigliosa Svizzera. Che però non ci volle dare asilo. Anzi, ci rimandò dagli aguzzini»
Debenedetti: il razzismo non riguarda solo gli ebrei
Quel giorno, quell’anno è composto da due racconti di un narratore provetto e profondo. Due testi su ebrei colpiti dalle leggi razziali del 1938 come Enrichetto Norzi quando apprende che insegnanti e studenti ebrei vengono cacciati da ogni scuola e istituzione: E fu settembre e L’inquilino misterioso. Racconti “straordinari” che sono “frammenti della memoria infinita”, li ha descritti uno scrittore e giornalista attento come Furio Colombo (lui da deputato del Pds propose al Parlamento di istituire la Giornata della memoria nel 2000) sul Fatto Quotidiano del 17 dicembre 2018.
Debenedetti al Corriere della Sera così ha detto: «La drammaticità delle leggi razziali non è svanita. Il razzismo mi preoccupa, oggi osa rialzare la testa». E alla domanda se sia preoccupato rispondeva: «Certo che sì, quello del razzismo non è un fenomeno immaginario: ci sono molti aspetti e prove della sua esistenza. Ed è un fenomeno diffuso, con un respiro internazionale, che non riguarda solo gli ebrei e non solo l’Italia. Si è persa la memoria storica».