Il primo gennaio di cento anni fa, nel 2019, nasceva J.D. Salinger, uno dei principali narratori del XX secolo e uno dei più elusivi che si ritirò ben presto dalla vita pubblica e da ogni apparizione.
Morto il 27 gennaio 2010 nello Stato del New Hampshire, a un secolo di distanza continua a essere molto amato. Soprattutto il suo capolavoro, Il giovane Holden del 1951, il romanzo breve che Einaudi nel 2014 ha pubblicato in una traduzione più aggiornata di Matteo Colombo e in cui lo scrittore nordamericano narra di tre giorni in giro a Manhattan del giovane Holden Caulfield tra riflessioni, amici, professori, una scuola distante e inadeguata che in Pennsylvania lo ha buttato fuori per cui lui si rifugia nella “Grande Mela”. Prostitute, sbronze, la distanza dalla famiglia, conflitti generazionali, ideologici e culturali, aspirazioni, ribellione adolescenziale quasi quanto la Beat Generation, e in Italia il nome del protagonista ha invogliato Alessandro Baricco a intitolare la sua scuola di scrittura torinese proprio a Holden. Il titolo originale è peraltro completamente diverso: The Catcher in the Rye.
Che Salinger sia sempre in auge lo conferma l’iniziativa del gruppo la Repubblica-l’Espresso di mandare in edicola i quattro titoli del narratore: Il giovane Holden naturalmente (nella nuova traduzione del 2014), il romanzo newyorkese Franny e Zooey (del 1961), i Nove racconti (1953), a detta di molti critici l’opera più riuscita insieme al romanzo su Holden, infine – riuniti – i due racconti Alzate l’architrave, carpentieri e Seymour. Introduzione pubblicati nel 1963 dalla rivista New Yorker.
E sulle colonne dell’inserto domenicale Robinson lo scrittore e direttore del Salone del libro di Torino Nicola Lagioia scrive che “è il baratro alle spalle (una voragine la cui presenza nessuno, a parte loro (i personaggi di Salinger, ndr), sembra sentire in modo così vero) a muovere i passi dei protagonisti delle sue storie”. “Il segreto del libro – appunta Lagioia – sta nella capacità di evocare scenari sì rassicuranti ma solo per farcene intravedere di continuo la precarietà, la fragilità, l’inquietante trasparenza. Tutto ciò che sembra solido e incrollabile è ‘made of glass’, per citare il materiale preferito dal suo autore”.
In concorrenza sull’ultimo numero dell’anno della Lettura del Corriere della Sera, nelle edicole da oggi 30 dicembre per una settimana, quattro scrittori cercano di immaginare come sarebbe il giovane Holden oggi, quindi molto più anziano, magari in un ospizio: i quattro sono Teresa Ciabatti, Valentina D’Urbano, Fabio Genovesi e Giorgio Montefoschi.
Lagioia: “Salinger ci racconta la precarietà e la fragilità”
Il 1° gennaio 1919 nasceva l’autore del “Giovane Holden”, uno dei romanzi più amati del ‘900, e di racconti perfetti
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30 Dicembre 2018 - 20.31
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