di Daniela Amenta
Si intitola “Centocelle – Storie e luoghi del quartiere dalla A alla Z” il libro di Pancrazio Anfuso appena pubblicato da Iacobelli Editore (euro 12). Un libro che non è una guida quanto piuuttosto un viaggio nella memoria e nei sentimenti. Un percorso per restituire identità al quartiere delle Centum Cellae fatte costruire dall’imperatore Costantino I, dove trovavano alloggio cento dei migliori cavalieri della guardia imperiale, gli Equites Singulares Augusti e i loro cavalli. Il quartiere che ha vie che sono fiori, alberi, citazioni botaniche: mirti, gerani, pioppi, robinie, genziane. Il quartiere che ieri era periferia e oggi è quasi centro.
Anfuso in questa sua recherche del tempo perduto privilegia uno sguardo collettivo, storico, al limite giornalistico riducendo i suoi privati ricordi a flashback che si rincorrono tra un capitolo dedicato alle Fungaie (bellissimo, intenso, intriso di odori e delle paure dei bambini) fino all’Aeroporto di Centocelle il primo scalo italiano, entrato ufficialmente in funzione il 15 aprile 1909 quando Wilbur Wright atterrò con il celebre Flyer. Un’impresa. Una delle tante narrate in queste 126 pagine che restituiscono dignità a un pezzo grande di Roma, dove si alternano storie partigiane e di Resistenza a scatenate avventure punk (dai Centocelle City Rockers al Forte Prenestino), citazioni Pasoliniane e fattacci di cronaca nera: dal Gobbo del Quarticciolo alla misteriosa morte del piccolo Marco Dominici, sparito nel nulla nel 1970, i cui resti furono ritrovati esattamente 7 anni dopo. E poi Baglioni, le Brigate Rosse, l’omicidio Giaquinto, i coatti, quell’aria di paese dentro una metropoli.
Spiega l’autore: “Non volevo sovrappormi alla storia che volevo raccontare, ma i ricordi sullo sfondo rimangono per forza. Per scriverlo ho usato il metodo della deriva psicogeografica. L’ho fatto andando sul posto e poi l’ho ripetuto, a occhi chiusi, passeggiando nel quartiere con la memoria. Alcune schede sono veri e propri resoconti di passeggiate che accendono ricordi e colorano il quadro. Sapevo, avendo letto i libri di Alessandro Portelli, che nel quartiere c’era un reticolo fitto di lotte, ma ignoravo l’origine del quartiere e il suo sviluppo storico. Documentandomi ho appreso quello che poi ho raccontato, anche cose di cui ignoravo l’esistenza, in particolare i passaggi della grande storia.
Erano storie, insomma, da raccontare, a un quartiere che oggi vive assopito, gigantesco dormitorio popolato da ragazzotti e ragazzotte che non sanno niente del coraggio di chi cacciò i fascisti e tedeschi e li tenne alla larga per un mese, di chi trafugava le armi dalle caserme per consegnarle alla Resistenza, di chi insorgeva se si aumentavano i prezzi dei trasporti, di chi metteva in piedi dal nulla un teatro popolare che attirava gente come Moravia e Guttuso, che ci lavorò addirittura dentro, dipingendone le scene. E’ stato, dal punto di vista personale, come pagare un debito di riconoscenza verso il quartiere, un quartierone popolare. Che oggi è diventato Roma, ma quando è nato era fuori, costruito dove cominciava l’Agro. A Centocelle non c’è un impianto sportivo pubblico, non c’è un teatro, non c’è un luogo di ritrovo. I luoghi d’aggregazione erano la Parrocchia, le sezioni di partito, le comitive su Via dei Castani. Sembra tutto finito, ma se scavi vedi il bisogno della gente di comunicare, di farsi coraggio mentre fuori cercano di soffiare sul fuoco della paura”.
Un libro, questo, indispensabile non solo per capire Centocelle ma la città di Roma: le sue contraddizioni, i suoi incubi, la sua imprevista bellezza. Dal centro alla periferia. Soprattutto nei quartieri di confine, nei percorsi marginali.
La presentazione a Roma con l’autore è fissata per mercoledì 19 settembre dalle ore 17 presso il Punto Touring di Piazza dei Santi Apostoli, 62/65.