di Lilia La Greca
Se la Formula 1 fosse cinema, l’arrivo di Hamilton in Ferrari sarebbe stato il trailer perfetto: tutto è cominciato con grande attesa, e una preparazione meticolosa: l’ingresso di Hamilton nella squadra di Maranello aveva definito un’identità agonistica quasi magnetica, un connubio perfetto tra il migliore pilota della sua generazione e l’icona capace di esercitare un fascino universale.
Eppure, la pista ha raccontato un’altra storia. Il Gran Premio del Brasile è diventato il simbolo di una stagione difficile: tamponato al via dalla Williams di Carlos Sainz, costretto poi a cambiare l’ala anteriore dopo un contatto con Franco Colapinto, che gli ha regalato anche una penalità di cinque secondi, il campione britannico ha concluso il weekend con un ritiro al 39° giro, mentre si trovava in fondo al gruppo. Una sequenza che diventa un frammento emblematico di un anno vissuto spesso all’inseguimento.
Alla base del problema non ci sono soltanto gli incidenti: “Il passaggio tra il sogno di guidare per questa squadra fantastica e l’incubo dei risultati che abbiamo ottenuto, gli alti e bassi, è impegnativo”, ha ammesso Hamilton. Nel frattempo, anche i vertici della squadra cominciano a sentire la pressione. Il presidente della Ferrari, John Elkann, ha richiamato i piloti alla concentrazione invitandoli a “pensare a guidare e parlare meno”: parole che sottolineano come la tensione interna abbia superato il limite della semplice analisi sportiva.
Nonostante tutto, secondo Hamilton “se si guarda alla prestazione di Charles in qualifica, si vede che la macchina ha un certo ritmo” ma non basta. Gli ostacoli sono molti: set-up irrisolto, mancanza di coesione e forse anche il peso dell’eredità storica che grava sul sedile rosso.
In quest’ottica la dichiarazione del numero 44 assume un significato più ampio: non si tratta solo di un campione e di una stagione critica, ma di un simbolo che si trova a dover combattere con la propria leggenda. L’incubo diventa, allora, non la fine ma l’anello di congiunzione tra ciò che si era e ciò che si può ancora diventare, tanto per la squadra quanto per Hamilton, che ha ribadito la sua fiducia nella rossa “Credo ancora davvero in questa squadra e in ciò che possiamo realizzare insieme. Devo solo continuare a spingere ed a dare loro tutto quello che posso”, ha concluso – la strada è in salita, ma ancora aperta.
La vera incognita, ora, riguarda la capacità del team di trasformare la frustrazione e discontinuità in un nuovo slancio. La stagione ha mostrato limiti evidenti, ma anche spunti su cui costruire. Se Ferrari e Hamilton riusciranno a ritrovare unità e direzione, l’incubo potrebbe diventare l’alba di un capitolo diverso, quello di una rinascita e finalmente all’altezza della leggenda.