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Una piccola scintilla di speranza illumina il Medio Oriente

Hamas ed Israele giungono ad una tregua, permettendo lo scambio di ostaggi che finalmente ritorneranno a casa.

Una piccola scintilla di speranza illumina il Medio Oriente
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12 Dicembre 2023 - 21.46


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Questa è una delle esercitazioni svolte dalle studentesse e dagli studenti che stanno frequentando il laboratorio di giornalismo, tenuto dal Professore Maurizio Boldrini. Sono da considerarsi, per l’appunto, come esercitazioni e non come veri articoli.

di Margherita Degani

È un soffio debole il fruscio delle scarpe che si muovono tra le strade desolate, piene di macerie. Accalcati qua e là, i residui di assi spezzate e calcinacci, mattoni e massi di cemento staccati da costruzioni che non hanno più memoria di essere stati edifici utili a qualcuno o a qualcosa.

Palazzi sventrati, che si reggono a stento sullo scheletro di una vita precedente che non sarà più. Nell’aria solo terra e polvere, mentre il silenzio, fattosi macigno in seguito alla tregua tra Hamas ed Israele, rimbomba nelle orecchie degli spettri che si aggirano spaesati tra luoghi che non riconoscono, ma che sanno essere stati quelli amati di un tempo.

Non c’è acqua, non c’è cibo, né carburante o elettricità, scarseggiano anche i beni necessari alle cure; malnutrizione e malattia iniziano a diffondersi, causate dal freddo, dalla cattiva igiene e dalle carenze generate da una condizione fortemente drammatica come questa.

Su pressione degli USA, ma grazie alla mediazione di Egitto e Qatar, dopo molte settimane, il 22 novembre scorso si è finalmente giunti ad una temporanea sospensione del conflitto, poi prorogata fino al 29 dello stesso mese. Non sono mancate le tensioni tra Israele, che pretendeva il rilascio immediato di tutti gli ostaggi, ed Hamas, che si aspettava tanto un cessate il fuoco immediato quanto una scarcerazione completa dei detenuti politici. In seguito a lunghe e faticose trattative, ecco finalmente la speranza nata dal fragile accordo per lo scambio di un numero consistente dei prigionieri e l’accesso di maggiori risorse umanitarie all’interno della Striscia di Gaza.

150 Palestinesi a fronte di 50 Israeliani, scelti tra donne e bambini, tutti civili: questi i patti di liberazione, con una successiva estensione, a seguito del 27 novembre, di 10 Israeliani e 30 Palestinesi per ogni singolo giorno di tregua in più.

Rilasciati dalle carceri di Ofer, Damon e Megiddo, i 39 detenuti Palestinesi sono arrivati al checkpoint di Beitunia, in Cisgiordania, per essere accolti dalle attente mani della Croce Rossa e nuovamente trasferiti in Egitto, attraverso il valico di Rafah.

Emozionanti i festeggiamenti a Ramallah, dove le auto bianche, segnate dall’ormai riconoscibilissima croce dello stesso colore del fuoco, non riuscivano a farsi largo tra la folla. Uomini e donne di ogni età, accalcatisi attorno alle corriere, bloccavano i mezzi riversandosi in strada e aspettando la discesa degli ostaggi.

Un continuo di clacson, riecheggiati dai fischi, dagli applausi e dalle canzoni delle persone che, strette in un solo ritmo di mani e voci, sventolavano la propria bandiera. Volti curiosi si affacciavano dai finestrini e dal grande vetro anteriore, attirati dal rumore circostante. Grida di felicità stavolta, non più di morte e paura.

E sono ancora cordoni fatti di corpi umani quelli che, sovrastando gli operatori, hanno scortato gli ex ostaggi da coloro che ne avevano tanto aspettato il ritorno, tra le lacrime e gli abbracci di tutto un popolo che ha condiviso quel dolore. Si vedono ragazzi sollevati sulle spalle e presi d’assalto dalle telecamere delle emittenti locali ed internazionali, increduli loro stessi di fronte a quello che stava accadendo.

Una madre, con il viso segnato da una precoce vecchiaia, piangendo stringe a sé il figlio, mentre il fratello, tra i tremori dell’emozione e l’imbarazzo delle riprese, con gesto dolce lo avvolge in una bandiera. La notte si è riempita di una luce nuova, fatta di mani che si stringono e colori che si mescolano, fino ad esplodere nel canto comune di una vita che, nonostante tutto, vuole continuare e trova il modo per farlo.

Non meno toccante il rientro dei tredici prigionieri Israeliani. Attraverso una strada sconnessa e tra segni di un decadimento infrastrutturale, al cospetto di una vegetazione che sembra a sua volta languire, sono stati trasportati da auto prive di contrassegni e affidati ancora una volta agli operatori della Croce Rossa da militari completamente coperti. Temibilmente irriconoscibili.

Eppure, questi soldati di Hamas, in maniera del tutto sorprendente, hanno aiutato chi non riusciva a muoversi da solo e scortato passo-passo i bambini, stagliandosi accanto a loro, grossi quanto robuste colonne. C’è chi è stato portato in braccio, chi sollevato per le spalle, chi tenuto vicino da una mano appoggiata sulla schiena. Alcune ragazzine si sono viste scendere dagli automezzi stringono le mani dei più piccoli, forse per incoraggiarli davanti all’assenza dei genitori rimasti intrappolati dall’altra parte, così vicina eppure tanto inaccessibile. Una giovane donna, riccia e pallida, stanca e infreddolita, stretta in uno scialle, si è ricongiunta alla madre e ad altre donne, tutte serrate in un abbraccio che vorrebbe accogliere il mondo intero.

Alla fine di tutto, alla fine di queste terre che si sono trasformate in Inferno, un segno impressionante di tenerezza: il terribile e sanguinario discepolo di Hamas, l’Uomo Nero fattosi realtà, che alza la mano per salutare, in un cenno quasi timido, gli anziani e i bambini appena accompagnati in un travagliato viaggio di libertà. Che non sia allora il caso di vedere oltre le reciproche violenze, per ritrovare il desiderio di pace che contrassegna l’uomo, al di là di un’appartenenza, al di là delle ragioni di una lotta?

Le auto ripartono. E dietro i vetri sporchi dei finestrini, le infermiere intente a valutare lo stato fisico di queste persone; per una visione più chiara, piccole torce appese alla fronte grazie ad una fascia elastica che le trattiene. Una luce che si allontana, eppure brilla pulita. Come la speranza riaccesa nei cuori di un Medio Oriente squarciato da troppe ferite.

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