di Dario Brunettini
“Si ride con il demonio, non con San Francesco. Il comico è cattivo, non è buono. Una vecchia che cade fa sempre ridere”. Così l’attore argomenta la sua posizione, semplificando in modo forse eccessivo le motivazioni che in passato hanno posto alcune delle sue pellicole sotto i riflettori della polemica.
I cinepanettoni della ditta Boldi-De Sica sono infatti stati spesso oggetto di biasimo per la loro rappresentazione stereotipica delle minoranze (con tracce più o meno velate di razzismo e omofobia) e la perpetua riproposizione di una visione patriarcale ormai a larghi tratti superata. Critiche sempre superate dal sacrosanto (e tuttora inscalfito) diritto a poter scherzare su ciò che si vuole.
Ma il vero oggetto di critica, dai più considerato il peccato originale dei cinepanettoni, è l’assenza di “acume”, ovvero di quella scintilla in grado di trasformare la battuta volgare e insolente in una trovata pungente e esilarante. Già da alcuni decenni illustri intellettuali della risata (non ce ne voglia De Sica) come Bill Hicks, George Carlin o il nostrano Luttazzi si interrogano su quale sia il confine tra comicità e satira, tra black humor e cattivo gusto, tra satira e insulto. Ultimo solo in ordine cronologico Ricky Gervais, stand up comedian che danza con astuzia proprio su questi limiti non scritti, riuscendo ogni volta a superarli anche in un clima di elevata sensibilità.
Lo sfogo di De Sica emerge proprio durante la presentazione della sua nuova commedia, che nonostante i tratti piuttosto tiepidi, ha già sollevato un piccolo polverone. La polemica è dovuta alla valutazione del protagonista sulla qualità di un vino abruzzese: “una merda”. Puntuale l’irritazione del presidente della Regione Abruzzo quanto immancabili le puntualizzazioni di discolpa dell’attore “Se la sono presa proprio con me, ma vado spesso in Abruzzo per spettacoli e il loro vino mi piace”.
Attraverso l’intervista esclusiva di Francesco Gallo per Ansa, le parole di De Sica evidenziano quanto il mondo della comicità italiano non riesca a seguire il passo di quello anglofono, che è riuscito ad aggiornare il proprio registro e reinventare l’irriverenza in modi sempre nuovi e brutali, senza scadere nella faciloneria dell’inciviltà.