di Eleonora Squarcialupi
Questa è una delle esercitazioni svolte dalle studentesse e dagli studenti che stanno frequentando il Laboratorio di giornalismo, tenuto dal Professore Maurizio Boldrini. Sono da considerarsi, per l’appunto, come esercitazioni e non come veri articoli.
Tratto dall’omonimo libro, nella New York dei primi anni 2000, Andy interpretata da Anne Hathaway, giovane aspirante giornalista, si ritrova catapultata in un mondo a lei completamente estraneo quando viene assunta come assistente dalla temuta direttrice della rinomata rivista di moda Runway, Miranda Priestley, interpretata dalla pluripremiata Meryl Streep, che ritrae perfettamente il personaggio freddo la cui vita gira intorno al lavoro. Il nuovo impiego rappresenterà per Andy una sfida che la porterà a mettere in discussione vari aspetti della sua vita, perdere sé stessa per poi ritrovarsi e tornare a chi davvero è e desidera essere, seppur cambiata dall’esperienza avuta a Runway che effettivamente, scopriremo alla fine, avrà come lei sperava un risvolto positivo nell’ottenere il lavoro che davvero desidera in campo giornalistico.
Basandoci su un’interpretazione che va a scavare poco nel profondo, si nota una grandissima superficialità che tocca non solo il mondo della moda in se e per se, ma soprattutto i personaggi della redazione; tuttavia, spingendoci un po’ oltre, è possibile scorgere dietro l’apparente superficie, la vera umanità dei personaggi. Umanità che è presente e percepibile, specie alla fine del film, anche nella tremenda direttrice che all’inizio sembra solo interessata a render complicata la vita ai suoi sottoposti. In alcuni casi, tuttavia, è possibile provare anche una certa empatia nei confronti del suo personaggio dal momento che ha messo in secondo piano famiglia, amicizia e molto altro, per arrivare ad essere la migliore nel suo campo.
“Oh, non essere ridicola, Andrea! Tutti vogliono questa vita. Tutti vogliono essere noi.” Con questa frase, poco prima della fine del film, Miranda esprime molto probabilmente il pensiero generale della società di quel tempo. Una frase che è stata ripetuta più e più volte ad Andy, con molte varianti: “un milione di ragazze ucciderebbero per avere il tuo lavoro” dice ancora Miranda alla giovane stagista che all’ inizio non è in grado di comprenderne il vero significato , anche se poi, con il tempo e forse anche sotto l’ influenza di qualcuno, si ritroverà ad essere d’accordo con la maggioranza, per poi tornare sui suoi passi e decidere che probabilmente tutti vogliono quella vita, ma lei forse no.
Il Diavolo veste Prada racconta con ironia e leggerezza l’industria della moda, la sua superficialità, lo sfruttamento e burn-out presenti spesso dietro l’angolo, ma è anche un racconto che parla d’identità, di piacersi per come si è, e il non piacersi per come si è diventati, fino ad arrivare a scegliere chi vogliamo essere, con la consapevolezza che, come ricorda il film, c’è sempre una scelta.