Palio di Siena è un congegno delicatissimo. La ricetta della sua riuscita, del suo rinnovarsi nei decenni e nei secoli, sta nel trovare ogni volta l’equilibrio tra passioni e regia discreta.
La corsa di ieri ha lasciato l’amaro in bocca alla città e anche a quanti seguono con amore la festa senese. Già si è iniziato con otto contrade, con il caso clamoroso del tira-e-molla sul cavallo della contrada delle Civetta, prima esentato poi esonerato poi riammesso poi escluso, un precedente pericoloso.
Poi, quella serie di abbassamenti del canape (si chiamano abbassamento cautelativo, servono ad evitare che cavalli e fantini si facciano male) che non hanno svolto il loro ruolo di prevenire gli incidenti. Si scende a sette contrade, poi a sei. Per chiudere, come era prevedibile, con una mossa come va va. La bella corsa del Drago ripaga di qualcosa, ma non di tutto ciò che è accaduto.
La città non mancherà, spero, di discuterne, guardando anche alle proprie responsabilità come corpo civile. Come capita a molti senesi nei giorni del Palio, ho esternato su Facebook un paio di considerazioni, a caldo, se volete marginali che socializzo anche qui. Perché le comprenda che legge da fuori Siena basti sapere che chi scrive è senese e che l’amministrazione della città dal 2018 è di centro-destra.
“Quello che ha fatto funzionare il Palio è sempre stata la regia nascosta e prudente del Comune. Un regista che non si vede, appagato solo dal fatto di aver lubrificato gli ingranaggi come dovuto, e che tutto alla fine è andato bene. Chi ha l’onore di rappresentare tutti i cittadini deve alla città quella regia nascosta e prudente.
Saggiamente la città da secoli ha affidato questa regia delicata al Comune. Al Comune, badate, non a “questa amministrazione”, come il sindaco di Siena ha ripetuto più volte durante la sua consueta conferenza stampa del giorno del Palio. Già questo un bruttissimo segnale.
Poi, nella stessa conferenza stampa ha aggiunto parole vergognose e gravi parlando ai cittadini della “libertà che avete ritrovato nel 2018”. Eppure il sindaco sa bene che Siena è stata liberata dal nazi-fascismo il 3 luglio del 1944, tanti anni fa, esattamente oggi. Così non è riuscito, nemmeno nel giorno della festa, a rappresentare tutti i senesi. Ma, come ho già scritto, è più forte di lui, non ce la fa.
Chissà perché mi viene in mente l’immagine della Giustizia, nel Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti, concentratissima nello sforzo di mantenere il delicato bilanciamento dei piatti e contenere le vibrazioni dei bracci della bilancia il cui fulcro appoggia sulla sua testa. Le sue mani sono impegnate in un unico gesto, delicato e importante. Evidentemente tenere i piatti in equilibrio è il compito impegnativo che le è affidato e lei, che sembra volerci far sapere quanta fatica le costa, ne blocca ogni oscillazione con il tocco leggero dei pollici. La riflessione è schiettamente politica perché l’opposto del governare da giusti non è, lì, essere ingiusti, ma è governare con superbia.
In questi giorni non abbiamo visto solo gli errori ripetuti di una regia con molte pecche ma anche la pervicace volontà del sindaco di Siena di dividere i cittadini, con stolta superbia. Questo ha impedito ai senesi, in questo Palio, di vedersi garantita la cosa più bella e importante. Che è potersi godere una festa di forti passioni certi dell’abbraccio invisibile, protettivo e materno del Comune.
Perché in fondo il Palio, per i senesi, è solo un modo per volersi un po’ di bene.”