L’impresa più complicata per gli universitari fuorisede è diventata quella di trovare un alloggio ad un prezzo fattibile per le loro tasche e quelle dei propri genitori. La colpa è principalmente, come scrivono le giornaliste del Corriere Gianna Fregonara e Orsola Riva, degli affitti a brevissima scadenza destinati ai turisti; ciò accade ormai da tempo anche in città importantissime a livello universitario, come Bologna e Padova dove, con la crescita in numero di bed&breakfast, gli studenti sono stati relegati in periferia. Altre città non se la passano meglio, liste d’attesa fino a un anno a Venezia, mentre a Roma arriveranno anche i pellegrini del Giubileo che andranno a complicare ancora di più la situazione.
Giuseppe, un fuorisede, parlando di Milano dice: “Con quello che pago d’affitto non ho i soldi per tornare a casa a Natale” è ormai risaputo, infatti, dei rincari sugli affitti, che Giuseppe ha rappresentato perfettamente con una protesta in tenda l’autunno scorso, dove con un cartello di affittasi affisso sulla tenda si richiamava a ciò a cui possono ambire gli studenti come alloggio.
A questo proposito una delle missioni prefissate dal Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) sarebbe proprio quella di costruire sessantamila posti letto entro il 30 giugno 2026, ma al momento, a meno di due anni dalla scadenza prevista, si è arrivati solamente a meno di un terzo dell’obiettivo, ovvero 17.341 posti.
Secondo i dati del Miur, in poco meno di venticinque anni sono stati creati 54.942 posti in alloggi e residenze universitarie, ovvero uno ogni sedici studenti, essendo questi ultimi 900 mila (fuorisede); la tariffa si aggira intorno ai 250 euro al mese, contro i prezzi impennati degli affitti del mercato libero, dove il costo medio di una camera singola è a Milano di 645 euro, a Roma 505, Padova 445 e a Napoli di 380, ma che si innalzano ulteriormente in zone più centrali. A questo proposito la studentessa Giovanna dichiara: “Studiare è diventato un privilegio, a Roma prezzi impazziti e case senza bagno”.
Questo ha portato molti studenti a fare i pendolari o, ancora, a frequentare un’università telematica, scelta ormai da uno studente su dieci.
È chiaro che l’obiettivo originario che il Pnrr si era posto di arrivare a coprire il 50% del fabbisogno non stia andando come si sperava, nonostante l’allentamento dei vincoli, l’aumento dei fondi e la costituzione di una struttura commissariale. Su ottomila comuni italiani solo quello di Edolo, in Val Camonica, si è fatto avanti, con la proposta di costruire 74 posti letto per l’Unimont.
È anche stato dato il via libera da parte del governo a una norma che, teoricamente, dovrebbe semplificare il riutilizzo dei beni confiscati alla mafia, tuttavia sembrerebbe, per come è concepito il bando, che solo i privati, e neanche tutti, possono avere interesse a partecipare. Il vincolo di destinazione d’uso è della durata di dodici anni, dopodichè gli studentati possono essere usati come preferito dai proprietari; inoltre solo il 30 per cento dei posti sono riservati ai meritevoli privi di mezzi, mentre agli altri può essere applicata la tariffa di mercato scontata del 15 per centro. Secondo Bernini, sono due le questioni che hanno disincentivato l’adesione al progetto: il vincolo del 70 per cento di posti in stanza singola che fa risultare tutto il processo “poco conveniente”, e la questione dei tempi ristretti, infatti la ministra sta lavorando su una proroga che prevede che entro aprile 2026 sarebbe necessario solo aver assegnato i lavori. Visto la complicata realizzazione del progetto, non sappiamo se il governo deciderà di spostare alcuni dei fondi in altri più realizzabili.