Si chiama REPISTAT ed è un nuovo modulatore epigenetico capace di rallentare la progressione della retinite pigmentosa, una rara malattia genetica che può condurre alla cecità. La scoperta è frutto del team di chimica farmaceutica dell’Università di Siena, guidato dal prof. Giuseppe Campiani, in collaborazione con l’Università di Pisa, l’Istituto di Neuroscienze del CNR di Pisa, l’UCD Conway Institute di Dublino e l’Università di Ferrara. Innumerevoli le prospettive che la scoperta ha aperto, tanto da conquistare la copertina della rivista americana Journal of Medicinal Chemistry.
Testata in vitro e su modelli animali, REPISTAT potrebbe essere impiegato in futuro per lo sviluppo di un farmaco, magari sotto forma forma di collirio, in grado di rallentare l’avanzamento della malattia e offrire nuove speranze ai pazienti.
Come ha spiegato il prof. Giuseppe Campiani: “La retinite pigmentosa è una rara malattia genetica tuttora priva di una cura risolutiva, a causarla sono circa 200 mutazioni su una sessantina di geni. La cura ad oggi è basata essenzialmente sulla terapia genica, molto costosa e non risolutiva. Gli elementi che accomunano tutte le forme di retinite pigmentosa, come ad esempio i processi infiammatori, ossidativi o l’apoptosi, cioè il meccanismo che regola la morte programmata delle cellule, permettono di poter trattare su larga scala i pazienti, indipendentemente dalla mutazione genica, sfruttando la fine regolazione epigenetica, che può essere modulata da piccole molecole, come REPISTAT, sviluppate ad hoc per essere somministrate direttamente nell’ occhio degli animali trattati e che in futuro potrebbero costituire la base per un nuovo farmaco utile per il trattamento della retinite pigmentosa”.
La ricerca è nata in seno a RePiSTOP, un progetto nazionale nato nel 2022 e finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca. A coordinarlo l’Università di Siena sotto la direzione dello stesso prof. Campiani.