di Claudia Daniele
Sono sempre di più gli ambiti sociali, culturali ed economici che necessitano di nuove misure direttive proclamate non solo dallo stato di emergenza pandemica che abbiamo affrontato ma anche dalle differenti decisioni prese dall’attuale governo. In particolar modo, tra i tanti ambiti che stanno subendo questi cambiamenti, si annovera anche quello relativo all’educazione e all’insegnamento nella scuola italiana. Ed è proprio per sensibilizzare questo tema che, nei giorni scorsi, si è tenuto un convegno il cui titolo ne esplicita il significato: Le risorse della letteratura per la scuola democratica.
Il meeting, che si è tenuto presso al San Niccolò e, in contemporanea, è stato trasmesso sul canale YouTube del DFCLAM, ha ospitato le voci, a volte dissonanti, di numerosi intellettuali e docenti i quali, ciascuno a suo modo, hanno discusso sull’importanza della didattica della letteratura, riflettendo sulle risorse teoriche, metodologiche e culturali degli studi letterari come strumento utile allo sviluppo di una scuola pienamente democratica e capace di rimuovere gli ostacoli economici e sociali che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, ostacolando non solo la partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese ma soprattutto, impedendo la crescita e la realizzazione della persona umana.
La prima giornata ha ospitato gli interventi di Romano Luperini, Andrea Smorti, Emmanuela Carbé ed Ambra Carta, presentati dal professor Riccardo Castellana, i quali sin da subito hanno messo al centro del dibattito la riflessione su come lo studio della letteratura, intesa come racconto delle cose che accadono nella realtà ma anche di quelle irreali, vada orientato verso la formazione della coscienza civica degli italiani, attraverso la scuola.
Il dibattito è poi proseguito il giorno successivo ragionando sull’importanza dello studente in quanto lettore, il quale quindi si pone, nei confronti del testo, non solo come osservatore ma anche come interprete. Così, il testo assume significati diversi a seconda del lettore che lo interpreta sulla base della propria sensibilità e che poi si confronta con le opinioni diverse degli altri. Insomma, rendere vivo il testo attraverso l’interpretazione permette allo studente di formarsi come cittadino e di evolversi nel contesto del vivere civile e sociale.
E in questo modo si sono pronunciati, in mattinata, Linda Cavadini, Bruno Falcetto, Jèrôme David, Elisabetta Manetti e Alessandra Di Tella, che sono stati moderati dal professor Pietro Cataldi. Il pomeriggio è stato animato da Marina Polacco, Federico Sanguineti, Emanuele Zinato, presentati da Linda Cavadini, la quale ha sostituito in via eccezionale la professoressa Natascia Tonelli (presente a distanza perché positiva al Covid) e da una tavola rotonda su Imparare dalla letteratura per tutto l’arco della vita con Lucia Rodler, Federico Batini e Marianna Marrucci, questa volta coordinati dal professor Simone Giusti.
A concludere il convegno si sono tenuti gli interventi di Marielle Macé e Vanessa Roghi, insieme a quelli di Emilio Mariotti, Giuseppe Noto, Silvia Tatti e Andrea Manganaro, che si sono pronunciati in una tavola rotonda dal titolo Politiche per la formazione e per la ricerca, coordinati, da Simone Giusti. In quest’ultima giornata, la discussione ha portato a riflettere su quanto sia importante e necessario garantire nuove modalità di insegnamento che siano tese alla libertà e all’omogeneità del lavoro scolastico, pur rientrando nel canone in evoluzione continua fornito dalle indicazioni nazionali, per poter affrontare al meglio la nuova riforma di reclutamento e di formazione iniziale prevista per i docenti.
In sostanza questo convegno, di carattere internazionale perché il problema non riguarda solo l’Italia ma anche le altre nazioni, è stato solo un piccolo e primo contributo dal quale bisogna partire per affrontare il problema della scuola democratica, ancora di più nel nostro paese, il quale sta attraversando una nuova fase di transizione politica nella quale l’istituzione del nuovo Ministero dell’Istruzione e del Merito contribuisce a deresponsabilizzare la scuola dal processo educativo e formativo dei cittadini, invece di porre alla base di questo i valori dell’uguaglianza e della libertà, caricando così tutta la responsabilità sui singoli individui e creando disparità per le diverse possibilità economiche di cui ciascuno dispone.