Di Agostino Forgione
A trent’anni dalla missione che portò il primo italiano nello spazio, l’Università di Siena ha dedicato l’evento di punta della Notte dei Ricercatori a Franco Malerba, riservandogli l’Aula Magna del Rettorato. Una manifestazione di ampio respiro che ha ripercorso tutta la carriera di Malerb. Dalla missione del 31 luglio del ’92, a bordo del celebre Shuttle Atlantis che lo rese il 248esimo “space explorer” e primo connazionale ad andare nello spazio, fino ad arrivare alle ultime evoluzioni nel campo della “new space economy”.
Il talk si è aperto con Malerba, vestito con la stessa giacca da astronauta indossata trent’anni addietro e che, sempre pronto a strappare un sorriso, ha spiegato come da Genova sia riuscito ad arrivare sulla rampa di lancio del John F. Kennedy Space Center, in Florida, ingaggiato dalla Nasa per la missione STS-46.
L’evento è proseguito percorrendo cronologicamente l’evoluzione dei viaggi nello spazio fino ad arrivare ai nostri giorni, l’era della cosiddetta “new space economy”, ovvero l’economia legata all’industria spaziale che vede sempre maggiormente coinvolti i privati. Basti pensare ai due big del mondo tech Jeff Bezos ed Elon Musk che per ora hanno monopolizzato il mondo dei viaggi nello spazio per civili.
Si è parlato poi della nuova frontiera legata ai satelliti a bassa quota, quelli utilizzati, ad esempio e tornando a citare Musk, dal progetto Starlink, che vedrà una miriade di satelliti orbitare sulle nostre teste al fine di costruire una fitta rete di telecomunicazioni che si estenderà in ogni angolo del globo, raggiungendo zone finora inaccessibili. Un’evoluzione che è legata a doppio filo con il futuro di internet ma anche con quello dei rapporti geopolitici, con l’Unione Europea che, grazie al progetto GOVSATCOM, sta cercando di fare altrettanto.
A concludere, Malerba ha parlato, per quanto oggi appaia utopistico, della colonizzazione di altri pianeti, finendo con un quesito che più che scientifico appare filosofico: se quando arriveremo a vivere su un altro pianeta – perché è solo questione di tempo – potremmo ancora chiamarci “terrestri”.