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"The Post", quando la verità rompe il silenzio

Il film di Steven Spielberg racconta la sfida del Washington Post nel pubblicare i Pentagon Papers e la crescita personale di Katharine Graham. Una pellicola che ricorda quanto la libertà di stampa resti una scelta quotidiana e non un diritto scontato.

"The Post", quando la verità rompe il silenzio
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4 Dicembre 2025 - 12.15


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di Salma Aiche

The Post di Steven Spielberg non è il classico film da popcorn; la pellicola ci trascina negli anni Settanta per raccontare il caso dei Pentagon Papers e di come la stampa americana abbia avuto il coraggio di andare contro il potere politico.

Al centro ci sono due figure importanti: Katharine Graham, interpretata da Meryl Streep, é l’editrice del Washington Post, e Ben Bradlee, interpretato da Tom Hanks, il direttore del giornale. Sono praticamente agli opposti: lei è prudente, attenta a non far crollare un’azienda che affronta un momento di difficoltà; lui è impulsivo, convinto che pubblicare la verità venga prima di qualunque cosa. Emerge, così, una continua tensione tra loro, dubbi, confronti e decisioni difficili che devono prendere insieme.

Il fulcro del film, quello che davvero lascia il segno, é l’evoluzione del personaggio di Katharine Graham. Lei è la prima donna a capo di un grande gruppo editoriale in un mondo dominato dagli uomini, e il film mostra chiaramente quanto questo peso ricada su di lei. È circondata da persone che, più che ascoltarla, non fanno nulla per nascondere il fatto che non siano d’accordo con la carica che lei ricopre, che non lo meriti non solo perché non ha esperienza, ma perché è una donna.

Nel film viene citata una frase pronunciata da Samuel Johnson: “Una donna che predica è come un cane che cammina sulle zampe posteriori. Non lo fa bene, ma è comunque sorprendente che riesca a farlo”. Un pensiero estremo, ma calzante per raccontare l’ideologia del tempo: un concentrato di sessismo che svela i pregiudizi che la Graham deve affrontare, un modo per rendere visibile il muro culturale contro cui si scontra ogni giorno.

Il suo percorso è una doppia lotta: contro le pressioni esterne e contro le proprie insicurezze. All’inizio è titubante, quasi schiacciata dal ruolo che le è toccato. Ma più le cose si complicano, più lei cresce. Quando decide di pubblicare i Pentagon Papers non fa solo la scelta giusta per il giornalismo: dimostra a tutti, e soprattutto a sé stessa, che è in grado di dirigere davvero quel giornale. È il momento in cui la sua voce smette di tremare.

Il film ricorda con forza una cosa fondamentale: il giornalismo deve servire i cittadini, non chi governa. E qui entra in scena l’ex presidente Richard Nixon. Spielberg lo mostra sempre di spalle, dietro le finestre della Casa Bianca, come un’ombra minacciosa. Le telefonate che sentiamo sono tratte da registrazioni reali, e questa scelta rende la sua figura ancora più rigida e impenetrabile.

La regia è pulita e concentrata sulla storia e sulle scelte morali dei personaggi e il finale, con quelle ombre che si allungano sulla porta del Watergate, è una specie di avvertimento: questa battaglia è finita, ma la guerra per la verità non lo sarà mai.

The Post è un film coinvolgente e molto attuale. Ricorda quanto siano fragili la libertà di stampa, il coraggio individuale e la ricerca della verità. E che proprio per questo vanno difesi, soprattutto quando farlo diventa rischioso.

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