Elvira Notari, la prima donna regista italiana e i suoi film sceneggiata | Culture
Top

Elvira Notari, la prima donna regista italiana e i suoi film sceneggiata

Il docufilm è stato presentato quest'estate alla Mostra di Venezia. Potenti immagini che catapultano lo spettatore nella Napoli del Primo Novecento. Siena, al Pendola il film proposto dal Centro culturale delle donne Mara Meoni e dal Cug.

Elvira Notari, la prima donna regista italiana e i suoi film sceneggiata
Preroll

redazione Modifica articolo

23 Ottobre 2025 - 15.20


ATF

di Gabriella Piccinni

Quando in sala si riaccendono le luci, del film su Elvira Notari, Oltre il silenzio, quello che resta è un accatastarsi di immagini potenti che ci catapultano nella Napoli del primo Novecento: occhi bistrati di nero vicino a bocche sdentate, intensi volti di donna e ferite profonde sul loro petto, feste nei salotti buoni e popolo ammassato nelle strade e nei vicoli, donne affacciate alle finestrelle o uccise dagli amanti, donne che ridono e battono le mani, donne che fuggono in un estremo tentativo di libertà.

Erano film-sceneggiata, quelli di Elvira, che usavano un linguaggio radicato nella cultura popolare, e parlavano di amore e di morte, perché lei raccontava spesso il desiderio di libertà delle donne e di quando quel desiderio si concludeva con la loro fine violenta. Resta impresso negli occhi un fotogramma che mostra una donna semicoperta da un lenzuolo, con i lunghi capelli neri che si distendono ancora vitali sul tavolo anatomico, attorniata dagli sguardi freddi di undici medici in camice bianco. Recita la didascalia: The anatomy Lesson in Mandolinata a mare (Mandoline Music at sea, 1917).

Quando si accendono le luci il pubblico della gente comune – invitato alla proiezione senese nella sala storica del Cinema Pendola dal Centro culturale delle donne Mara Meoni e dal Cug dell’Università di Siena – ha scoperto per la prima volta l’intensità del lavoro di una protagonista dell’età d’oro del cinema muto napoletano della quale nulla sapeva, nemmeno il nome.

E che protagonista! Elvira Notari fu la prima regista cinematografica italiana e una delle prime della storia del cinema mondiale. Realizzò, intorno agli anni Dieci del Novecento, circa sessanta lungometraggi e altri cortometraggi, fondando e dirigendo anche una sua casa di produzione a gestione familiare, la Dorafilm che teneva testa ai kolossal delle grandi case di produzione torinesi e romane. Elvira, con una tecnica di tipo artigiano, colorava i fotogrammi a mano uno per uno e commentava le scene con didascalie in dialetto. I suoi film conquistarono il pubblico, da Napoli alle Little Italies negli Stati Uniti, dove erano attesi dai connazionali che affollavano le sale cinematografiche. Con l’avvento del sonoro e colpita dalla censura fascista, che non amava l’uso del dialetto né sguardi troppo acuti sulla vita della gente né il desiderio violento di libertà espresso dalle donne, Elvira abbandonò il cinema nel 1930 e gran parte dei suoi film andò perduta. In America si salvarono gli originali delle sue opere sottoposte a tagli e censura in patria. Restano tre lungometraggi, due brevi documentari e alcuni frammenti, 163 minuti in tutto.

Il film su di lei presentato quest’estate all’ 82a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – è qualcosa di diverso da un documentario perché qui i frammenti rimasti della sua filmografia sono reinterpretati per creare un’opera del tutto nuova, dove il lavoro di studiosi e artisti si è coagulato intorno alla regia di Valerio Ciriaci e alla volontà della produttrice napoletana Antonella Di Nocera. Dal Elvira Notari, Oltre il silenzio si apprende infatti che l’interesse per questa splendida pioniera, regista e imprenditrice, fa parte di un movimento molto più ampio di una semplice ricerca di storia del cinema: numerose artiste ne stanno riscoprendo l’eredità attraverso varie e diverse forme espressive, dal romanzo storico alla fotografia, dalla musica ai laboratori di ricamo. Indimenticabile il brano delle donne che con ago e filo reinterpretano, alcune con le lacrime agli occhi, quel terribile fotogramma della lezione di anatomia, in una sorta di riscoperta collettiva fatta al modo antico delle donne, attraverso le loro mani sapienti che sono in grado di condividere e rielaborare, senza parole, anche la memoria del dolore.

Native

Articoli correlati