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Alla ricerca delle "terre rare": il Governo riaprirà molte miniere

Un secolo che sembrava tramontato torna a rivivere- Gli effetti di una cultura  mineraria basata su zolfo, carbone e mercurio- L’obbiettivo è quello di sfruttare materie prime decisive per la transizione energetica e digitale. 

Alla ricerca delle "terre rare": il Governo riaprirà molte miniere
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15 Luglio 2025 - 17.29


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di Manuela Ballo 

Pirandello rinasce e legge che le solfatare stanno per riaprire. Cassola o Bianciardi, a loro volta, leggono che anche le miniere di carbone stanno per riaprire. Non è un gioco letterario ma, semmai, la presa d’atto che il Governo italiano sta davvero per riaprirle. Magari non quelle evocate, ma quelle che potrebbero portarci in dono i minerali delle tanto contese “terre rare”.

Prendiamone atto: il secolo delle miniere non è tramontato come abbiamo creduto. Infatti, un nuovo secolo delle miniere è alle porte: il Governo ha presentato,infatti, una lista di quelle che dovranno quanto prima riaprire. Camera e Senato stanno correndo per approvare il provvedimento. Il secolo delle miniere era tramontato e ora risorge. 

Ripercorriamo i fatti che hanno connotato il tramonto del secolo delle miniere, cioè del Novecento. Quelle storiche  di mercurio, sull’ Amiata, hanno chiuso i cancelli  tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, come quelle di carbone in Sardegna e in altre regioni, con l’eccezione del bacino sardo del Sulcis Iglesiense. Negli stessi anni, la stessa sorte è toccata alle miniere di zolfo. In  quasi tutti i casi la chiusura è stata motivata con l’esaurirsi dei giacimenti o per gli elevati costi d’estrazione.

Intere generazioni, in quelle regioni, hanno vissuto come chiuse all’interno di una monocoltura mineraria, dove tutto – dalla nascita agli studi, dal lavoro alla morte – era legato ai ritmi e ai riti del sottosuolo. Quando le miniere chiusero, quei popoli vissero un  primo periodo fatto di  preoccupazione per un lavoro che, seppur povero, dava da campare a migliaia di famiglie. Poi però, come fosse un  contro canto, vissero anche di  gioia che derivava dal pensiero che i loro figli  non avrebbero più dovuto piegarsi alla logica del mercurio, del carbone e dello zolfo da scavare nel sottosuolo. E  si sarebbero salvati dalle sofferenze e dalle malattie che avevano colpito i loro vecchi. 

Corsi e ricorsi, ci ammoniva Vico. E così accade che, tramontato il secolo, il governo italiano d’improvviso avvia un piano per la riapertura delle miniere dismesse e l’avvio di nuove.  L’obiettivo è quello di sfruttare materie prime critiche per la transizione energetica e digitale.  Così dicono. Anche l’Italia entra nel gioco delle “terre rare”, con i relativi ricchi premi e cotillon. Ci interessano: Il rame, il litio, il cobalto, la barite, il berillio, il nichel e il tungsteno, presenti in varie regioni italiane. 

Ecco un elenco più dettagliato delle aree e dei materiali coinvolti: in Sardegna dovrebbero riaprire le miniere di fluorite, bauxite e tungsteno: in Toscana e nel Lazio i giacimenti di litio e rame; in Liguria e nell’arco Alpino si cercherà manganese e tungsteno. E in Calabria il tungsteno. Altre ricerche di materie prime critiche sono in corso anche  nei rifiuti delle miniere estrattive già chiuse, grazie a finanziamenti del programma Repower EU. Tutto ciò per tentare di sganciarsi dalla totale dipendenza da quei  Paesi ritenuti dall’attuale governo poco amici, Cina in testa. 

Tutti d’accordo?  Non proprio.  La Regione Toscana ha contestato il metodo centralista scelto dal governo e chiede di essere consultata su ogni decisione che potrebbe ricadere sul suolo regionale: «Ci sono territori in cui le passate attività estrattive hanno lasciato ferite che stiamo ancora curando», ha dichiarato alla stampa l’assessora regionale all’Ambiente, Monia Monni. Le informazioni ufficiali sui protesi in atto li fornisce l’ISPRA  e sono contenute nel database di GeMMA (Geologico, Minerario, Museale e Ambientale).

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