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A real pain: come il cammino nel dolore può aiutare

Il buddy movie può essere una maschera per affrontare temi difficili, come la depressione, e un pretesto per raccontare un viaggio alla riscoperta degli orrori dell’Olocausto. In sala dal 27 Febbraio.

A real pain: come il cammino nel dolore può aiutare
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20 Febbraio 2025 - 12.48


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di Raffaella Gallucci

Un vero dolore, quello che Jesse Eisenberg ha voluto esplorare attraverso il cinema. Dopo When You Finish Saving the World, l’attore americano di origini polacche torna alla regia e alla sceneggiatura con un film intimo che sfugge alla pesantezza del dramma puro, mescolando generi diversi come il buddy, l’indie e il road movie.

Come ha raccontato a GQ, l’idea per A Real Pain è nata durante un viaggio in Polonia: «Un tour di due settimane con una sosta nel villaggio di Kranystaw, per visitare la casa dove aveva vissuto una mia parente prima che la persecuzione contro gli ebrei costringesse la sua famiglia a fuggire dal Paese. A un certo punto ho avuto come una rivelazione. Mi sono chiesto: “Se l’Olocausto non fosse mai avvenuto, io sarei esistito? Che persona sarei stata?».

Non a caso, la pellicola si apre con un intenso primo piano di Kieran Culkin nei panni di Benji Kaplan, un uomo fragile il cui sguardo velato di tristezza tradisce una sofferenza profonda. Sei mesi prima ha tentato il suicidio, e suo cugino David Kaplan (interpretato dallo stesso Eisenberg) non riesce a darsi una spiegazione. Così, i due partono per un viaggio di una settimana in Polonia, ripercorrendo le radici della loro defunta nonna ebrea-polacca.

David, che conduce una vita appagante con una famiglia e un lavoro che lo soddisfano, cerca di avvicinarsi al dolore di Benji approfittando del tempo che il viaggio offre loro. Vorrebbe comprenderlo, aiutarlo, ma a tratti si sente inadeguato, quasi colpevole per la propria felicità. Questa disparità emotiva si insinua nei loro dialoghi e nei silenzi, in un rapporto fatto di affetto, frustrazione e tenerezza.

Il film affronta il tema della depressione con estrema delicatezza, giocando con il tono e le aspettative dello spettatore. La sceneggiatura, infatti, inizialmente sembra prenderci “in giro”, lasciando intendere un genere per poi rivelarne un altro, in un equilibrio costante tra ironia e malinconia.

Il punto di forza di questa seconda pellicola è senza dubbio la sceneggiatura, che riesce a mantenere un equilibrio perfetto tra spensieratezza e profondità. Il film alterna con naturalezza momenti di leggerezza e comicità a scene dal forte impatto emotivo e narrativo, senza mai risultare forzato o eccessivamente melodrammatico. Questo gioco di contrasti non solo rende la storia più autentica e coinvolgente, ma permette anche di esplorare il dolore e la complessità dei protagonisti con una sensibilità unica, smorzando il peso del dramma senza sminuirne l’intensità.

Con A Real Pain, Jesse Eisenberg firma un’opera profonda e toccante, capace di intrecciare con grande sensibilità ironia e malinconia, leggerezza e dolore. Un racconto che esplora la memoria, il senso di appartenenza e la complessità dei legami familiari, senza mai cadere nella retorica. La sua capacità di bilanciare questi elementi ha conquistato pubblico e critica, portando il film a ricevere due prestigiose candidature agli Oscar 2025: una per la Miglior sceneggiatura originale e l’altra per il Miglior attore non protagonista per Kieran Culkin, riconoscendo così il talento con cui Eisenberg e il cast hanno dato vita a una storia tanto intima quanto universale.

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