di Manuela Ballo
Prendete un duo di comici e inseriteci anche un attore di marca drammatica e otterrete un trio dal sapore particolare, inconsueto ma efficace. Il trio in questione è quello che vede insieme gli attori Ficarra, Picone e Toni Servillo che, a distanza di due anni, dopo il successo del film La stranezza, tornano nuovamente insieme diretti da Roberto Andò.
Il regista torna a parlare della sua Sicilia amata, ma guardata da lontano. Una sorte, questa, che tocca soprattutto ai molti giovani che sono costretti o che comunque decidono di lasciarla per far spazio ad altro, a nuovi stimoli e opportunità. Eppure nei siciliani c’è una forma di resistenza , la stessa che viene raccontata nel film che mette in evidenza un preciso periodo storico, il Risorgimento, e un episodio in particolare: quello della spedizione dei Mille.
Con questo stratagemma narrativo il regista non solo ci racconta un periodo storico non molto amato dalla scuola e poco trattato dal cinema escluso, notoriamente, il grande capolavoro de “Il Gattopardo”, ma mette in guardia i giovani spiegando e raccontando il non detto sui libri e mettendoli di fronte alle discrepanze che si celano tra il Nord e il Sud.
Non parla solo alla Sicilia, ma all’intera Italia: “Pensavo agli italiani. Volevo ricordare loro in questi tempi di semplificazione che le cose sono molto più complicate di come appaiono”.
Quasi tutti i grandi scrittori e intellettuali meridionali hanno cercato di indagare quali siano stati gli effetti prodotti dalla mancata “rivoluzione” della liberazione da parte delle camicie rosse dei garibaldini. Molti hanno riflettuto sul periodo di brigantaggio che ne seguì e alcuni, come Sciascia, hanno riflettuto su come tutto ciò abbia alimentato un malinteso senso di “sicilitudine”.
Un racconto, il suo, che mira a mettere in evidenza le contraddizioni di quel particolare periodo attraverso il già citato trio composto da Ficarra, Picone e Servillo che, ad un primo sguardo, sembrerebbero riuscire nell’ impresa voluta da Andò. Il suo intento, tuttavia, non sta solo nella volontà di trasmettere quel pezzetto di storia. La speranza il regista la ripone nei giovani, nella loro voglia e bramosia di far sentire la propria voce. “Di contribuire -come afferma in un’intervista per Repubblica- di spendersi per qualcosa di comune. Se c’è, continua Andò, un mondo di giovani che ha qualcosa da dire, è ora che faccia sentire la propria voce.”
Lui, siciliano che comunque rimane lontano dalla sua terra d’ origine, spera quindi in un risveglio dei giovani all’ azione, un po’ come quei mille che il film racconta. L’impresa, rispetto alle speranze del popolo siciliano di un tempo, fu fallimentare tuttavia il punto sta nel lottare, nello spendersi, agire e combattere , specie quando le cose non vanno o quando si vorrebbe cambiare il proprio status. Il fallimento non conta, l’importante e avere quel fuoco che molti, ancora oggi, hanno. Infatti, come spiega sul Corriere della Sera: “Mi piaceva raccontare un gruppo di giovani idealisti che pensavano di poter dare un proprio contributo venendo a scoprire in Sicilia un mondo che chi non viveva sull’ isola ancora non conosceva […] e metterli di fronte alle tante mediazioni e compromessi che si devono affrontare per costruire qualcosa”.
Tra pochi giorni sarà nelle sale, giovedì 16 per l’esattezza.
I tre più il regista hanno già mostrato più volte di saper raccontare l’isola con i suoi immensi paesaggi, con la sua tradizione e anche con i suoi tic e i suoi vizi. C’è attesa, che sicuramente sarà ben ripagata.
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