“Questa è una delle più importanti del film”, racconta il Premio Oscar. Parthenope è “un film sulla giovinezza, su cosa significa essere giovani e ho scelto Giffoni proprio per arrivare a tutti i giovani”.
Il regista (in collegamento) e i tre protagonisti Celeste Dalla Porta (Parthenope giovane), Dario Aita, Daniele Rienzo in sala, hanno raccontato di sè e del film.
“Essere giovani è una grande responsabilità, – dice Sorrentino – perché quando si è giovani si sta costruendo il futuro e al tempo stesso il proprio passato: quello che ricorderemo nella maniera più vivida, malinconica, luminosa e raggiante.”
E aggiunge: “Questa scena descrive uno di quei momenti in cui si è giovani non pensando al futuro né al passato. A voi ragazzi auguro di vivere il più possibile quei momenti in cui il presente accade e basta, in cui come diceva Sandro Penna si è talmente vivi che così vivi non si può. Una sensazione di amore, un presente che non ti mette più contro ai legami che il futuro costruisce”.
Riguardo la scena che, raccontano i protagonisti, è stata girata alle 4 del mattino, Dalla Porta aggiunge: “Mi ha dato una sensazione di forte malinconia, che a volte si prova nei momenti più belli. Lì era un momento di amore, di libertà, di condivisione, come lo è un abbraccio, e percepire che in quell’abbraccio c’era anche una mancanza. Mi ha trasmesso la sensazione di cercarsi e cercare qualcosa insieme”, conclude Dalla Porta.
Rispondendo alle domande dei “giffoner” sulle tematiche della sua poetica, Sorrentino commenta: “Faccio film su ciò che non conosco, su ciò di cui sono sprovveduto” e, parlando ancora di ‘Parthenope’, aggiunge: “Io non conosco bene né Napoli né la donna. E mi sono accorto di questo, pur avendo vissuto la maggior parte della mia vita a Napoli e pur avendo trascorso larga parte della mia vita a pensare alle donne. E quindi ho detto, perché non fare un film sulle donne, e su Napoli?”.
Sono tanti gli spunti che il regista regala alla platea, sul mestiere del cinema e sulla modalità di creazione della sua arte: “Lavoro sempre per cercare di fare quello che non riuscirò mai a fare – ammette Sorrentino – ovvero un capolavoro”.
A proposito delle difficoltà dell’essere attore, il regista non ha dubbi “è irrilevante essere un bravo attore, ma per fare l’attore devi disfarti di te. L’attore bravo è troppo concentrato su se stesso. Bisogna uscire da sé. E quelli che si estraniano – gli attori ‘attori’ – sono nel mondo 8, al massimo 10”.
Nel confronto con la sua precedente opera dal titolo ‘È stata la mano di Dio’, pur raccontando entrambe Napoli, il Premio Oscar riconosce una differenza sostanziale “‘Parthenope’ racconta della mia vita sognata da giovane, mentre in ‘È stata la mano di Dio’ c’era la mia vita vissuta”.
Sul film e sul ruolo della protagonista, Celeste Dalla Porta descrive accuratamente lo sguardo del suo personaggio, uno sguardo che “racconta come Parthenope guarda la sua città, che osserva e lascia andare. È una sintesi del suo viaggio, il suo sguardo enigmatico è in profonda connessione con questo mare di Napoli”.
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