Amedeo Modigliani un secolo dopo rientra nella sua Livorno. Quasi quasi è un risarcimento: nella città toscana nacque nel 1884 e dalla quale necessariamente andò via perché, per cogliere l’arte del tempo e rinnovarla all’inizio del ‘900, la meta doveva essere Parigi, non un luogo della provincia italiana dove pure aveva guardato con profitto ai pittori Macchiaioli.
A un secolo dalla morte del pittore il 24 gennaio 1920, nella capitale francese, la città labronica ha organizzato una retrospettiva sull’artista e su colleghi con l’intento di cogliere lo spirito del suo tempo: “Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre” si tiene nel Museo della Città fino al 16 febbraio 2020, l’ha curata Marc Restellini e con Sergio Risaliti, direttore del Museo del Novecento a Firenze come coordinatore del progetto espositivo. Organizzatore, il Comune insieme all’Istituto Restellini di Parigi e con la Fondazione Livorno.
Di Modì, o Dedo come lo chiamavano in città e come ricorda la nota stampa, la mostra propone 14 dipinti e 12 disegni. Appartennero a due collezionisti che furono vicini all’artista in vita o che ne compresero il magistero: Paul Alexandre e Jonas Netter. Tra le opere figurano il ritratto Fillette en Bleu del 1918, un ritratto di Chaïm Soutine del 1916, pittore e amico di Modigliani, Elvire au col blanc (Elvire à la collerette) dipinto tra il ’18 e il ’19, giovane donna che il pittore ritrasse due volte anche da nuda, Jeune fille rousse (Jeanne Hébuterne) del 1919, ritratto della compagna del pittore e pittrice lei stessa che era incinta quando Modì morì di tubercolosi e che per il dolore si ucciderà.
Tra i disegni la mostra comprende alcune Cariaditi. Affiancano l’artista di origine toscana un centinaio di pezzi che illustrano la cosiddetta École de Paris con i dipinti di Chaïm Soutine eseguiti dal 1917 al 1920, Maurice Utrillo, Suzanne Valadon, André Derain, Moïse Kisling.
Il link alla casa natale di Modigliani
Emblema dell’artista “maudit”, del bohémien che vive tra donne come amanti, alcool, droghe, una dedizione totale e intransigente all’arte, la frequentazione di poetesse e poeti, Modì è diventato un mito nella cultura pop. Un mito che ha dato adito anche a speculazioni e a un mercato difficile da controllare. Non per caso spuntano di tanto in tanto falsi Modigliani che diventano oggetto d’indagine per la magistratura.
Un mito che in qualche modo ha avuto la sua consacrazione, beffarda, proprio a Livorno, con le famose sculture fasulle fatte da quattro giovani livornesi e scoperte nell’estate del 1984 in un fosso dando seguito a una delle beffe più clamorose, e riuscite, della storia.
Per il curatore Marc Restellini “a Livorno Amedeo Modigliani ha sviluppato la sua capacità creativa e lo spiritualismo ebraico”. Rivendica il sindaco Luca Salvetti la mostra è un’occasione unica e irripetibile: “Dedo è tornato nella sua città, dove è nato, è cresciuto e si è formato. Piazza del Luogo Pio, che accoglie il Museo della Città dove è allestita la mostra, è diventata una vera e propria piazza europea con area pedonale, manto erboso, alberi e un grande portale alto sei metri e largo otto a forma del logo del Museo della Città, passaggio attraverso il quale si accede alla mostra”. E per Simone Lenzi, assessore alla cultura, la rassegna “serve anche a mettere fine a quel lungo fraintendimento, generato dai cascami di un romanticismo d’accatto e da leggende posticce, che ha distorto, fino a renderlo irriconoscibile, il profondo rapporto di filiazione fra Livorno e questo suo figlio”.
Catalogo edito da Sillabe.