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Così Bonisoli azzoppa i musei autonomi. E licenzia la direttrice con una mail

Il ministro cancella i consigli d’amministrazione. Cecilie Hollberg da oggi ex dell’Accademia di Firenze

Così Bonisoli azzoppa i musei autonomi. E licenzia la direttrice con una mail
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22 Agosto 2019 - 18.12


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Ste. Mi.

Hai voglia a dire che un museo mantiene la sua autonomia se è Roma a decidere cosa e come può spendere anche un singolo euro: il direttore vuole organizzare una mostra? Vuole restaurare un quadro? Vuole progettare un rinnovamento? Non decide più. Da Capodimonte a Napoli alla Pinacoteca di Brera a Milano, dagli Uffizi a Firenze alla Galleria Borghese a Roma, ai 30 musei autonomi dello Stato la “riforma Bonisoli” (il ministro per i Beni e attività culturali tuttora in carica) a partire da oggi 22 agosto ha cancellato i consigli d’amministrazione. D’ora in poi ogni scelta del responsabile del museo dovrà superare il vaglio della Direzione Generale Musei al ministero dopo il parere della Direzione generale bilancio e dopo il parere – che valeva anche prima – del Collegio dei revisori dei Conti. Ci vorrà un’eternità. Nel frattempo è stata licenziata con una mail ministeriale Cecilie Hollberg, da oggi 22 agosto ex direttrice della Galleria dell’Accademia di Firenze.

Accentrare le scelte nelle stanze del Ministero per i beni e attività culturali: la logica è questa. Il dicastero in una nota si difende: «A differenza di quanto si legge erroneamente su alcuni organi di stampa (…) il decreto attuativo (…) prevede che i musei restino autonomi. I direttori mantengono la stessa capacità di spesa e gestionale”. Quel “decreto attuativo” Bonisoli lo ha firmato il 16 agosto, una settimana fa quando i venti di crisi nel governo stavano diventando un tornado.

Cosa implica cancellare i cda? Un museo resta “autonomo”, potrà fissare orari e prezzi dei biglietti ma non potrà fare un suo bilancio né gestire le gare d’appalto: passa tutto a Roma. «L’ autonomia scientifica viene rafforzata, infatti nei comitati scientifici entrerà un componente del Comune e un componente verrà nominato direttamente dal Direttore del museo – insiste la nota di Bonisoli – I Cda dei musei sono stati aboliti per semplificare, in quanto i loro pareri venivano comunque già approvati dalla direzione centrale. La ratio del decreto di riorganizzazione è dunque volta a razionalizzare e semplificare la gestione dei siti, ma non chiude all’autonomia dei medesimi». Non «chiude» nei termini, nella sostanza assesta un colpo duro: i musei tornano a essere come ragazzi che, per qualunque spesa, devono chiedere i soldi ai genitori, non decidono più in sede. Quanto ai comitati scientifici: già inseriti l’ex ministro Dario Franceschini come organi consultivi del direttore, ora avranno un potere di proposte e d’azione molto più vasto.

Lo sgarbo a Cecilie Hollberg dell’Accademia del David
Nel frattempo si consuma uno sgarbo. «La sera di venerdì 9 agosto ho appreso da una email del ministero che io dal 22 agosto sarei stata senza lavoro. Licenziata. Nessuno mi ha dato spiegazioni su questo modo di comportarsi molto inusuale in uno Stato democratico» dichiara Cecilie Hollberg a Marco Gasperetti del Corriere della Sera. Il suo contratto scadeva il 30 novembre, lei è a spasso perché Bonisoli ha messo la Galleria del David sotto gli Uffizi con una mossa storicamente e culturalmente illogica. «In tre anni abbiamo aumentato del 22% il numero dei visitatori (più 300 mila) portandoli a 1,7 milioni l’anno, secondo posto nella classifica italiana. Abbiamo aumentato del 14,7% l’introito oggi pari a 8 milioni 700 mila euro e quest’anno a giugno abbiamo già superato questa cifra con una crescita stimata di circa un più 45% – rivendica amareggiata la storica dell’arte tedesca al quotidiano – Allora io penso che questo museo deve aver fatto gola a qualcuno, ecco perché è successo tutto questo».

Cinque direttori appesi all’incertezza sul governo
Infine restano impigliate nell’incertezza politica sul governo o sul voto le nomine di cinque dei sette responsabili di musei considerati teste di serie che scadono in tempi diversi da settembre in poi: Uffizi (il tedesco Eike Schmidt due anni fa aveva preso accordi per andare al Kunsthistorisches Museum di Vienna), la Galleria Borghese (Anna Coliva) e la Galleria nazionale d’arte moderna a Roma (Cristiana Collu), Capodimonte a Napoli (Sylvain Bellenger), Pinacoteca di Brera a Milano (James Bradburne).
Bonisoli vorrebbe confermali tutti, compresa Anna Coliva che nel 2020 andrà in pensione. Ma se si vota e il governo resta per “il disbrigo degli affari correnti”, il ministro potrà nominarli? Le nomine dei direttori non sembrano affari correnti, tuttavia è una situazione inedita, non ha precedenti cui far riferimento quindi gli stessi direttori si domandano cosa accadrà. Certo non possono far molti programmi per le rispettive raccolte.

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