La Magna Grecia è tornata a Napoli. O per meglio dire: non se n’è mai andata. Il Museo Archeologico Nazionale (Mann) espone di nuovo dopo oltre venti anni la collezione con circa 400 reperti dove si racconta “l’integrazione culturale nell’Italia meridionale magnogreca”. Così recita la nota della raccolta archeologica il cui direttore Paolo Giulierini è stato confermato per un nuovo mandato di quattro anni dal ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli mantenendo quindi alla guida l’archeologo che fu nominato tra i venti direttori di istituti autonomi da Dario Franceschini nel 2014. Il ritorno, avvisa l’istituto, è dedicato “al professor Enzo Lippolis, l’archeologo dell’Università “La Sapienza” di Roma morto l’anno scorso per un infarto dopo un’intervista tv.
Il filo conduttore individuato da Giulierini ha implicazioni evidenti con il presente: “la complessità della coesistenza tra le comunità radicate nel Sud della penisola”, scrive il comunicato. Il riallestimento, dichiara l’archeologo, “è l’esito di un vasto piano di interventi per il riassetto dell’ala occidentale dell’edificio destinata ad accogliere le testimonianze dell’epoca preromana. Nelle sale del primo piano il visitatore potrà letteralmente ‘passeggiare nella storia’. Lo farà camminando, con le opportune precauzioni, sui magnifici pavimenti a mosaico provenienti da Villa dei Papiri di Ercolano, da edifici di Pompei, Stabiae, dalla villa imperiale di Capri, finalmente recuperati. La storia dei greci in Occidente, e quella dei popoli italici con i quali vennero a contatto, torna quindi a passare per il MANN, e mi piace immaginare questa ‘nuova’ sezione come un affascinante ‘portale della conoscenza’ che da Napoli conduca, e sempre più invogli, alla scoperta degli antichi tesori del Mezzogiorno”.
Il viaggio copre un periodo dall’VIII secolo a. C. fino alla conquista romana. Due sale descrivono “l’universo mitico e religioso delle città della Magna Grecia: grazie a particolari forme di architettura sacra, capaci di rispondere ad esigenze rituali e sistemi votivi, si comprende quanto la cultura magnogreca sia stata segnata dai grandi fenomeni migratori”. Tra i pezzi esposti figura il fregio con la lotta tra Eracle e il mostro marino Nereo e le Tavole di Eraclea, “grandiosa iscrizione rinvenuta nel 1732 che segnò una tappa fondamentale nella scoperta della Magna Grecia, affascinando il Settecento riformatore e illuminista per aver fissato nel bronzo il dettagliato resoconto dei lavori pubblici legati al riordino di alcuni terreni di proprietà religiosa”.
Non mancano le lastre dipinte rinvenute nella Tomba delle Danzatrici (fine del V e inizi del IV secolo a.C), tra le opere pittoriche più belle dell’antichità, l’Hydria Vivenzio, uno dei vasi antichi più noti attribuito al Pittore di Kleophrades (490-480 a.C.) con scene della presa di Troia tra cui lo stupro di Cassandra e la sanguinosa morte di Priamo.
La collezione Magna Grecia è accompagnato da una guida-catalogo a cura di Paolo Giulierini e Marialucia Giacco ed edita da Electa.