Chissà se al Fai – Fondo Ambiente Italiano il messaggio è arrivato oppure no: allʹindomani degli incendi che hanno devastato le colline pisane, sfollato famiglie intere e hanno lambito la Certosa di Calci, su whatsapp circolava un appello per dare la preferenza al monumento e portarla in cima alla classifica dei “luoghi del cuore” del Fai da salvare o proteggere così da aiutare tutta la zona e chi ci vive. Non molto tempo fa Francesco Guccini si è speso per sostenere nella medesima competizione la candidatura delle terme di Porretta, nellʹAppennino tosco-emiliano. Anche altri monumenti o luoghi a rischio o in abbandono raccolgono tifosi. È un buon segno, sia per lʹassociazione nata 43 anni fa che ha dunque acquisito da tempo credito tra tante persone sia perché molti dimostrano di aver cara la sorte del patrimonio artistico. Adesso lʹorganizzazione lancia la consueta campagna dʹautunno per raccogliere iscritti con due giornate di visite speciali a luoghi speciali: sabato 13 e domenica 14, le Giornate Fai dʹAutunno tramite migliaia di volontari aprono 660 luoghi tra aree archeologiche, edifici del ʹ900, fari, musei, quartieri, sotterranei, fabbriche, centrali industriali, luoghi impossibili da visitare in condizioni normali, spesso sconosciuti ai più. Trovate lʹelenco regione per regione sul sito del Fai.
150 itinerari in 250 città sul filo dellʹacqua
Il Fondo ha 170mila iscritti e propone 150 itinerari in 250 città e località varie. Lʹobiettivo è dichiarato: far acquisire maggior consapevolezza a noi cittadini di quanto va preservato, raccogliere fondi con contributi volontari dai 2 ai 5 euro, ottenere iscrizioni che fino al 31 ottobre tramite il sito costano 29 euro invece di 39. Aprono luoghi dallʹestremo sud allʹestremo nord: talvolta hanno unʹaria vagamente misteriosa come il bunker della stazione Termini o il Palazzo dellʹAeronautica (dʹepoca fascista) a Roma, oppure vanno letteralmente scoperti: dal giardino Babuk a Napoli allʹitinerario lungo il Po fino alla Società Canottieri a Torino, da Casa Masieri a Venezia fino al Teatro Margherita a Bari, “lʹunico in Europa a sorgere su una struttura a palafitte, collegata alla terraferma da un pontile, in restauro dal 2002”, avverte la nota stampa. Il filo rosso di molti tragitti è lʹacqua tra mulini, dighe, cisterne, acquedotti, depuratori o, per dire, il sistema dei canali a Bologna.
Carandini: la buona manutenzione evita crolli come a Genova e Roma
Oltre a raccogliere adesioni, le Giornate hanno un altro obiettivo: farci comprendere come sia fondamentale pensare ai monumenti prima che crollino o abbiano bisogno di restauri che mediaticamente rendono di più, ai pubblici amministratori, ma alle opere non sempre fanno bene (la responsabilità è anche di noi giornalisti). “La manutenzione normale è stata soppiantata da restauri selettivi e costosi”, accusava il presidente del Fai e archeologo Andrea Carandini giorni fa nella conferenza stampa insieme al direttore Marco Magnifico ospitata dal Ministro per i Beni e le attività culturali Alberto Bonisoli. “Per fermare il degrado invece bisogna provvedere alla manutenzione costante, occorre conoscere le cose nei punti deboli per ripari piccoli e poco costosi. È la prevenzione”. La quale, chiosa l’archeologo, vale anche per noi umani di unʹestrazione di un molare che, potendo, avrebbe comprensibilmente evitato. Una prevenzione che magari può prevenire crolli tipo il Ponte Morandi a Genova o il tetto della Chiesa di San Giuseppe dei falegnami a Roma e alla quale lʹarcheologo vorrebbe accompagnare, opportunamente, la necessità di “interventi statici capaci di ridurre il rischio sismico nelle zone dei sismi”.
I moniti ignorati di Giovanni Urbani
È una lezione che il nostro Paese ha quasi totalmente ignorato nonostante, quando era in vita il critico dʹarte e per anni direttore dellʹIstituto Centrale del Restauro del ministero, Giovanni Urbani (1925-1994) abbia battagliato per anni in solitudine pressoché completa affinché il Paese mappasse e si dotasse una “mappa del rischio” dei monumenti e agisse di conseguenza. Una lezione rilanciata da anni e su cui insiste con convinzione e senza cedimenti, prima degli altri colleghi e addetti, Bruno Zanardi, restauratore, storico dell’arte, docente all’università di Urbino.
Il sito del Fai con la sezione dei luoghi da scoprire