Al ministero dei Beni culturali, al posto di Dario Franceschini, il nuovo governo giallo verde piazza Alberto Bonisoli. Nato nel 1961 a Mantova, risiede a Castelletto Ticino,nel novarese; era candidato alla Camera nell’uninominale per i Cinque stelle. Non è figura a digiuno del settore. Il turismo, come indicato nelle intenzioni da 5 Stelle e Lega, viene scorporato dai beni e attività culturali? Forse no.
Bonisoli è direttore della Naba, la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano (è privata e diversa da quella storica, pubblica, nel palazzo di Brera). Si occupa di design, alta formazione (education management) e viene descritto come esperto di progetti internazionali. Ha fatto da consulente a istituzioni italiane ed europee, incluse varie università. Dal 2013 è a capo della Piattaforma Sistema Formativo Moda, dal 1980 è nel comparto universitario del Ministero Istruzione Università e Ricerca.
Era nella squadra di governo presentata da Di Maio il primo marzo scorso. In quell’occasione indicò tra i suoi programmi il far arrivare gli investimenti nella cultura all’1% del Pil (obiettivamente, una buona intenzione), il promuovere l’Italia all’estero, il ritenere prioritari la cultura come strumento contro il degrado e l’abbandono culturale nele periferie, prestare molta attenzione alla formazione.
Disse, quel primo marzo, il futuro ministro dei beni culturali Bonisoli: “Avrò l’onere e l’onore di occuparmi di un patrimonio culturale, ambientale, artistico e storico unico al mondo – riferiva il sito Artribune – È una sfida che affronto mettendo in gioco quello che so, le mie conoscenze delle discipline creative, quel minimo di esperienza internazionale che ho sviluppato negli anni, le mie capacità organizzative e gestionali, e una capacità sviluppata nel tempo di ascolto e di ricerca di soluzioni condivise. Il nostro patrimonio culturale non ha ricevuto negli anni un’attenzione e abbastanza risorse e investimenti da parte dei governi che non sono riusciti a valorizzare questo settore. La proposta complessiva è di raggiungere un ammontare degli investimenti in questo settore che arrivi all’1 per cento, ma anche di più, del Prodotto interno lordo, attraverso investimenti di tre tipologie: tutela dei beni culturali, digitalizzazione e la cultura diffusa”.
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Sul turismo, sempre il primo marzo Bonisoli dichiarò: ““Il turismo è stata la Cenerentola dell’agenda politica italiana per cui fior di paesi vicini a noi nel tempo ci hanno superato in attrattività turistica. E sicuramente qui un minimo di potenziale c’è. Come farlo? Innanzitutto promuovendo in maniera più energica il nostro paese all’estero”. Bonisoli ha prospettato “una cabina di regia per coordinare le innumerevoli attività sviluppate a livello locale; generare il turismo di qualità, attraendo per esempio studenti stranieri che una volta tornati nel loro paese sono i migliori e più motivati ambasciatori del made in Italy, quelli su cui noi dobbiamo puntare”. A onor di cronaca, il ministro Franceschini si è impegnato molto, sul fronte del turismo, sia contestando le Grandi Navi a Venezia (anche se la sua proposta di farle attraccare a Trieste è naufragata nel nula), sopratutto varando un piano per portare più turisti nell’Italia non congestionata dalla massa di turisti.
Sulla formazione culturale Bonisoli ha fatto affermazioni in effetti interessanti: “I settori della cultura, del turismo, saranno probabilmente tra i principali creatori di lavoro in Italia nel futuro. Quindi è necessario dare priorità alla formazione, lavorando con il Miur per l’aggiornamento dei programmi didattici e valorizzando l’Alta formazione artistica e musicale (Afam), uno scandalo che sono anni che nessuno se ne occupa ed è tempo venga finalmente fatta una riforma di questo settore”.