Il Ministero dei Beni culturali sospende dall’incarico la direttrice della Galleria Borghese di Roma Anna Coliva. La storica dell’arte il 9 febbraio era stata rinviata a giudizio con l’accusa di assenteismo. Nell’agosto 2015 fu nominata alla guida del museo dopo il concorso internazionale della riforma del ministro Dario Franceschini che ha conferito autonomia a 20 musei statali (poi diventati 30). Era l’unica di tutti i musei rimasta al suo posto.
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Coliva viene sospesa per 60 giorni senza stipendio. È accusata di truffa aggravata per assenteismo: nel 2014 non sarebbe stata nella Galleria per 12 giorni, pare a 40 ore e 59 minuti, senza timbrare il cartellino. Allora era funzionaria con mansioni di direttrice. La storica dell’arte ha sempre rigettato l’accusa. Il suo avvocato ha sostenuto che, in quegli orari, era in ferie o ha partecipato a un convegno sul Bernini, uno degli artisti più noti del museo insieme a Caravaggio e Canova.
Come nota Carlo Alberto Bucci nella cronaca romana di Repubblica, nella scelta del ministero c’è una stranezza. Da un punto di vista formale l’atto è dovuto. La prassi vuole invece che si aspetti la sentenza di primo grado prima di sospendere qualcuno. Nel 2014 l’attuale segretario generale Carla Di Francesco fu indagata per appalti post-terremoto in Emilia Romagna quando era direttore regionale dei beni culturali della regione e non venne sospesa. Poi i giudici archiviarono. E anche Federica Galloni, direttore generale nel ministero, fu indagata per la presunta esportazione senza permesso di un mobile antico, non venne sospesa: il tribunale le dette ragione assolvendola perché il fatto non sussiste.