La “Madonna Esterhazy” è un dipinto di Raffaello Sanzio del 1508 circa, quindi tra gli ultimi tempi a Firenze, dove potrebbe essere stato iniziato, e l’arrivo a Roma: è piccolo ed è uno di quei quadri-spartiacque nell’arte occidentale per aver ispirato stuoli di artisti. Appartiene allo Szépművészeti Múzeum di Budapest che per la verità lo presta abbastanza spesso, almeno all’Italia. Da mercoledì 31 lo espongono le Gallerie Nazionali di Arte Antica di Palazzo Barberini in via delle Quattro Fontane 13 a Roma per sostituire un pezzo celebre: il museo ha prestato fino al 9 aprile “La Fornarina” di Raffaello all’Accademia di Carrara a Bergamo per la mostra “Raffaello e l’eco del mito” aperta fino al 6 maggio 2018.
Con la “Madonna Esterhazy” Palazzo Barberini espone una riproduzione in grande del disegno preparatorio e altre tre opere del museo stesso e simili. Cura l’esposizione
Cinzia Ammannato.
Bergamo esplora il mito
Quanto a Bergamo, “l’eco del mito” raffaellesco arriva alla modernità e la Fondazione Accademia Carrara con il Comune di Bergamo, la Gamec – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea della città lombarda e in coproduzione con Marsilio Electa hanno predisposto in itinerario con oltre 60 opere da tutto il mondo dalla fine del Quattrocento ai nostri tempi.
Curata da Maria Cristina Rodeschini, Emanuela Daffra e Giacinto Di Pietrantonio, come informano le note stampa l’esposizione prende avvio dal “San Sebastiano” di Raffaello, capolavoro giovanile parte delle raccolte della Carrara. Intorno a questo dipinto e un robusto drappello di opere del Sanzio dal 1500 al 1505 ruotano gli altri artisti: i maestri come l’urbinate Giovanni Santi, i perugini Perugino e Pinturicchio, il cortonese Luca Signorelli, raccontano la formazione; ma il mito di Raffaello supera i secoli, soprattutto per artisti e storici dell’arte (basti citare Federico Zeri o Antonio Paolucci che lo reputa il più grande) e la rassegna propone artisti come Picasso e autori viventi come Christo (colui che con la moglie impacchetta i monumenti), Luigi Ontani, Francesco Vezzoli.