Ste. Mi.
La Biblioteca nazionale di archeologia e storia dell’arte del Ministero dei beni e attività culturali e del turismo lascerà Palazzo Venezia dove ha sede, grazie a un accordo traslocherà in un edificio in dotazione del Quirinale, diventerà una fondazione pubblica del dicastero stesso e aprirà al pubblico entro il 2020. Lo annuncia il ministro Dario Franceschini confermando quanto aveva prospettato in varie dichiarazioni. La Biblioteca è uno dei più importanti istituti bibliotecari di storia dell’arte e archeologia. Il trasloco, e soprattutto il passaggio a fondazione, ha suscitato e susciterà critiche molto aspre perché ritenuto mal compatibile con la funzione pubblica. Così come più voci hanno criticato il termine “valorizzazione” perché qui non si tratta di far venire più visitatori come in un museo. La destinazione si direbbe legittima perché la biblioteca soffre negli spazi attuali (come molti istituti analoghi da molti anni e ben prima di Franceschini non è stata nel cuore della politica culturale), dall’altro lato le critiche al trasformarla in fondazione suonano del tutto pertinenti.
La biblioteca andrà nel Palazzo San Felice di Roma, che è e resta del Quirinale. Il dicastero: “già stanziati 20 milioni di euro, i lavori che saranno eseguiti con il Demanio dovranno terminare entro il 2020. Franceschini: grande operazione di valorizzazione”. Firmata infatti la convenzione. “Nascerà un polo bibliotecario, culturale e creativo di livello nazionale e internazionale”, comunica l’ufficio stampa. Palazzo di San Felice fino allo scorso anno ospitava “una quarantina di alloggi del personale della Presidenza della Repubblica. Il Presidente Mattarella ha deciso di assegnarlo a un uso totalmente pubblico”. L’edificio fu costruito nel 1860 per volontà di Papa Pio IX per ospitare personale della corte pontificia. Si trova in via Dataria 21, tra il Palazzo del Quirinale e Fontana di Trevi.
Il progetto prevede “una superficie lorda di 8.800 mq. Nei cinque piani del Palazzo – di cui uno seminterrato – saranno ricavati sala lettura (1.982 mq), uffici (1.328 mq), depositi (1.374 mq), locali tecnici (180 mq), zone espositive (275 mq), spazio esterno per eventi (circa 470 mq), accoglienza (191 mq), servizio bar e ristoro (355 mq)”. Tra altre funzioni e spazi avrà un bookshop.
La Biblioteca (con un’appendice nella Sala della Crociera al ministero in via del Collegio Romano) conserva “380mila volumi, tra i quali incunaboli, cinquecentine e seicentine, oltre 1.600 opere manoscritte e fondi archivistici con oltre 100.000 carte, 3.500 testate, 20.700 tra incisioni disegni e fotografie, 2.000 manifesti teatrali, 66.000 microfiches e 400 cd-rom”, ricorda il ministero. La biblioteca, in sigla per gli addetti “Biasa”, fu creata nel 1875. Nel 1922 fu assegnata all’Istituto nazionale di archeologia e storia dell’arte fondato da Benedetto Croce e Corrado Ricci. Dal 2015 è nel Polo Museale diretto da Edith Gabrielli.
Tra quei volumi si sono formate generazioni di studiosi, è da anni in difficoltà perché sostenuta poco, non viene aggiornata, ha mezzi vecchi, e il prospettato passaggio a fondazione ha causato ripetuti allarmi. L’hanno criticata le Consulte universitarie di storia dell’arte e di topografia antica intervenute sul sito Emergenza cultura, si sono allarmati i sindacati di settore e associazioni come Italia Nostra perché ritengono che un istituto culturale di questo tipo non abbia bisogno di “valorizzazione”. Adriano La Regina, direttore dell’Istituto di archeologia e storia dell’arte, archeologo tra i più noti in Italia, già soprintendente a Roma è nettamente contrario e dopo “l’umiliante attribuzione al Polo Museale di Roma” della biblioteca ha parlato di “preoccupante destinazione turistica”.
Si vuole “far diventare uno dei centri di studio e ricerca più importante nel settore dell’arte, dell’archeologia e la storia, in un luogo di “visita e di turismo”, denuncia Italia Nostra. “La Biblioteca di Palazzo Venezia non ha bisogno di alcuna valorizzazione. Anzi questa è fortemente nociva alla raccolta. Avrebbe invece bisogno piuttosto di aggiornamento e adeguamento alle sue fondamentali funzioni di ricerca”.
“Figuriamoci se posso pensare alla “privatizzazione” della biblioteca!”, ha dichiarato Franceschini a Repubblica. “Noi stiamo invece gestendo un’operazione unica per valorizzare la biblioteca di archeologia e storia dell’arte che da anni è sacrificata a Palazzo Venezia in locali inidonei e inadeguati alla straordinaria importanza del patrimonio conservato”. Ma è proprio quel verbo, “valorizzare”, a destare allarme. “Una fondazione di diritto privato non garantisce la trasparenza della conduzione né gli standard qualitativi necessari ad assicurare il servizio di alto livello che l’istituzione richiede; nemmeno si vede come potrebbe garantire la sua sostenibilità economica, in quanto una biblioteca pubblica non ha entrate autonome derivanti da biglietti o servizi aggiuntivi e dipende totalmente dal finanziamento pubblico”, hanno scritto i docenti delle Consulte di storia dell’arte e topografia antica.