Continua la pubblicazione di pillole della storia della Palestina a partire dalla nascita del sionismo fino al genocidio palestinese dei giorni nostri – a cura di Marcello Cecconi
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- 1918-1936
Alla fine della guerra (1918), il controllo della Palestina passava formalmente alla Gran Bretagna, come parte del sistema dei Mandati della Società delle Nazioni. Il “Mandato britannico per la Palestina” incorporava la Dichiarazione Balfour che favoriva il flusso dell’immigrazione ebraica, spinto anche dalle persecuzioni che gli ebrei stavano subendo. Sorgevano subito tensioni tra comunità ebraica e comunità araba locale, che vedeva minacciata la propria vita, i propri possedimenti, e il futuro demografico e politico del territorio.
Gli inglesi cercarono di mediare, ma la loro politica apparse ambigua: da una parte sostenevano il sionismo, dall’altra cercavano di evitare rivolte arabe. Questa ambiguità generò malintesi e insoddisfazioni crescenti. La “questione palestinese” nasceva, come scriveva lo scrittore di origine ebrea Arthur Koestler, perché “una Nazione promise a un’altra Nazione la terra di una terza Nazione”.
Negli anni successivi l’immigrazione ebraica continuava ad aumentare, così come l’acquisto di terre da parte di coloni ebraici. C’era co-abitazione, ma anche spostamenti demografici interni. Gli arabi palestinesi protestavano temendo perdita di controllo e marginalizzazione tanto che nel 1922 il Mandato britannico stabiliva la separazione della Transgiordania dal territorio “Palestina” sotto Mandato per gli scopi della Dichiarazione Balfour che mirava a costruire il “ il focolare per gli ebrei”.
Si susseguirono rivolte, disordini e repressioni: proteste arabe contro l’immigrazione ebraica con richieste di autonomia politica e diritti civili con le autorità britanniche che oscillavano tra concessioni e repressioni.
I Mandati per il Medio Oriente del 1920 della Società delle Nazioni
(Il prossimo capitolo: (1936-1946: La grande rivolta palestinese contro britannici e immigrazione ebraica)