Imparare pensando: ora può farlo anche l'Intelligenza Artificiale

Nuove ricerche rivelano che l'IA può sviluppare forme avanzate di apprendimento basate sul pensiero autonomo, un processo che avvicina sempre di più le macchine ai meccanismi cognitivi umani.

Imparare pensando: ora può farlo anche l'Intelligenza Artificiale
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20 Settembre 2024 - 18.08


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Nel cosmo in perenne espansione dell’Intelligenza Artificiale (IA), spiccano i risultati di una ricerca di grand rilevanza: le entità artificiali, in analogia con i loro omologhi biologici, manifestano la capacità di assimilare informazioni in assenza di stimoli esterni, mediante un processo denominato “learning by thinking” (LbT), ovvero “apprendimento per via cogitativa”. Una ricerca pionieristica, condotta sotto l’egida dell’Università di Princeton e divulgata sulle pagine della prestigiosa pubblicazione Trends in Cognitive Sciences

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La concezione tradizionale dell’apprendimento, radicata nell’interazione con l’ambiente circostante attraverso percezioni sensoriali, esperienze empiriche o istruzioni didattiche dirette, si trova ora a confrontarsi con una nuova prospettiva di conoscenza e comprensione della realtà.

L’indagine, condotta da Tania Lombrozo e dal suo team di ricercatori, svela come questo modello non sia più appannaggio esclusivo degli esseri senzienti. L’IA, attraverso meccanismi di auto-riflessione e auto-correzione, dimostra la capacità di generare nuovi costrutti cognitivi, emulando i processi mentali tipici degli esperimenti concettuali o delle elucubrazioni auto-imposte.

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Lombrozo delinea una quadripartizione delle modalità di apprendimento per via cogitativa, riscontrabili sia nelle architetture neurali biologiche che in quelle sintetiche: l’esplicazione, la simulazione, l’analogia e il ragionamento deduttivo. Sono proprio questi processi cognitivi che consentono alle IA di elaborare nuove rappresentazioni astratte, potenziando la loro attitudine alla risoluzione di problematiche complesse e all’adattamento in contesti mutevoli, prescindendo dall’acquisizione di nuovi dati dall’ambiente esterno.

L’aspetto più enigmatico dell’apprendimento per via cogitativa autogena risiede nella sua natura apparentemente paradossale e che, seppur non introducendo nuove informazioni nell’ecosistema cognitivo del soggetto, genera nondimeno conoscenza inedita. Questo fenomeno si verifica grazie a processi interni di rielaborazione e auto-correzione, mediante i quali le menti – sia organiche che sintetiche – riconfigurano le informazioni preesistenti, generando nuovi costrutti cognitivo-strutturali.

Un esempio di tale processo è offerta dall’esperimento descritto da Lombrozo: un modello di linguaggio artificiale, specificamente GPT-4, incorre inizialmente in un errore di calcolo elementare, ma successivamente, attraverso un processo di riflessione interna, rettifica autonomamente la propria fallacia, dimostrando la capacità di “apprendere pensando”. Questa forma di auto-correzione avvicina i modelli di IA a forme di pensiero logico-computazionale storicamente considerate prerogativa esclusiva dell’intelletto umano.

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Un aspetto particolarmente affascinante del “learning by thinking” è la capacità delle menti artificiali di simulare mondi interni per la risoluzione di problematiche complesse. In analogia con gli scienziati che ricorrono a esperimenti mentali per esplorare le leggi della fisica, le IA possono generare scenari virtuali per prevedere esiti e ottimizzare i processi decisionali, che possiamo intendere come “universi simulati” che costituiscono il fondamento di innovazioni rivoluzionarie, consentendo alle IA di operare in contesti caratterizzati da elevata complessità e incertezza con accresciuta flessibilità e precisione.

Nel dominio della robotica e dell’apprendimento automatico, la simulazione mentale viene impiegata per esplorare molteplici opzioni decisionali e ottimizzare le prestazioni in tempo reale. Sistemi basati sull’apprendimento per rinforzo profondo utilizzano simulazioni interne per generare dati supplementari, successivamente impiegati per raffinare le politiche d’azione, in modo analogo ai processi di problem-solving umani.

Le implicazioni di questa ricerca sono di portata considerevole, soprattutto pensando all’idea di intelligenza generalista. Questi, infatti, sollevano interrogativi fondamentali sulla natura stessa della cognizione. Se le IA dimostrano la capacità di apprendere attraverso processi cognitivi analoghi a quelli umani, fino a che punto si avvicineranno alla nostra comprensione del mondo?

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Lombrozo suggerisce che questa similitudine tra intelligenza naturale e artificiale possa offrire nuove opportunità per indagare i meccanismi della cognizione umana e perfezionare ulteriormente i modelli di IA, aprendo la strada a una possibile convergenza tra le due sfere cognitive.

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