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La rubrica del giovedì di Culture Globalist - 13 gennaio 2022

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Marcello Cecconi Modifica articolo

13 Gennaio 2022 - 15.32


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di Marcello Cecconi

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Non sono pochi gli eventi importanti di questa settimana accaduti negli anni. Il 16 gennaio 1919 furono uccisi Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, socialisti rivoluzionari protagonisti di un’insurrezione armata contro l’appena costituitasi Repubblica di Weimar. Il 17 gennaio 1925 Benito Mussolini firmò le “leggi fascistissime” rendendo così fuori legge tutti i partiti al di fuori del Partito Nazionale Fascista. Il 14 gennaio del 1968 il disastroso terremoto del Belice con circa trecento morti, un migliaio di feriti e centomila senzatetto. Il 14 gennaio 1976 nacque il quotidiano La Repubblica di Eugenio Scalfari e il 13 gennaio 1992 nacque invece il TG di Canale 5. La scelta, considerato il grande lutto che ha colpito tante famiglie e il significato che l’evento ha avuto per l’intero nostro paese, cade sul decennale del naufragio della Costa Concordia davanti all’isola del Giglio.

Dieci anni fa l’inchino che costò la vita a 32 persone e la perdita della Costa Concordia

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L’inchino di saluto all’isola del Giglio causò l’impatto della nave da crociera Costa Concordia sugli scogli delle Scole davanti all’isola, un pericoloso “inginocchiatoio” che il comandante Francesco Schettino non aveva considerato. Era il 13 gennaio del 2012 e la nave dopo l’urto, con 4.229 persone a bordo, andò a planare sulla scogliera della Gabbianara, ribaltandosi sul fianco appoggiata a due blocchi di granito che evitarono l’affondamento completo.

Un viaggio improvviso e inaspettato verso la morte per trentadue persone di varie nazionalità che erano salite su una delle più belle, robuste e attrezzate navi da crociera italiane. Erano lì per lavorare o per una vacanza che doveva essere serena e spensierata e che invece si trasformò in tragedia. Una pessima figura dell’Italia in quell’inizio del 2012. E non erano mesi facili per il nostro Paese. Eravamo, insieme alla Grecia, a rischio default con lo spread che impazziva sospinto anche dagli eccessi verbali del capo del governo, Silvio Berlusconi, che dileggiava la Merke e con il Der Spiegel che definiva il nostro primo ministro “zotico e volgare”. Le agenzie di rating internazionali ci stavano massacrando e per rimediare era da poco arrivato l’economista Mario Monti, a sostituire il dimissionario Berlusconi, per tentare il disperato salvataggio del Paese.

L’immagine di quella nave, bella e robusta ma arresasi “facilmente” agli scogli, è rimasta per alcuni anni nella memoria collettiva come l’immagine dell’Italia che non sapeva riemergere. La Concordia era una sineddoche, una parte del tutto, una limpida cartolina da esportazione con l’Italia immobile sul fondale che in ogni momento sarebbe potuta affondare completamente con tutte le nostre complicazioni che si spiegavano semplicemente con l’accoppiata Costa Concordia-Schettino. Era ormai una metafora sconquassante che ci ha tenuto sott’acqua per molto tempo rimuovendo troppo velocemente il ricordo delle vittime e del dolore dei loro parenti. Pareva che quella nave dovesse restare lì per sempre a simboleggiare lo sfascio della nostra possibile resa, un simbolo sfruttato anche da Sorrentino nel film “La grande bellezza” con Jep Gambardella (Tony Servillo) che dall’alto dello scoglio osserva quel mostro d’acciaio con lo sguardo di chi è convinto ormai che siamo alla resa finale. 

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Tony Servillo ne “La grande bellezza” osserva la Costa Concordia

Tanto e troppo si parlò intorno alla vita che il comandante Schettino conduceva a bordo con attenzione esagerata ai suoi presunti flirt e alla sua difesa a spada tratta dei concittadini di Meta di Sorrento. Lui continuava a restare con piacere nel crogiuolo mediatico, presenzialista sempre e comunque. Bastava esserci e, nonostante le indagini e il processo da affrontare, magari anche a farsi solo insultare. La realtà era molto più semplice, nessuna distrazione per Schettino sul ponte di comando, ma una strage conseguente all’avvicinamento esagerato all’isola per l’inchino della nave. Un ereditato stupido giochino eseguito con superficialità su un ponte di comando, palcoscenico affollato.

Dopo la condanna definitiva a 16 anni, avvenuta il 12 maggio 2017, Schettino è uscito dalla scena mediatica e, a distanza di tempo, non è facile comprendere le ingenuità di quel «sono caduto in una scialuppa» in replica a chi gli chiedeva il perché della sua presenza sulla banchina mentre migliaia di passeggeri stavano mettendosi in salvo da soli. 

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E lei, la Costa Concordia?  A due anni e mezzo dallo schianto, alle ore 8:54 del 23 luglio 2014 ripartiva dal Giglio trainata da due rimorchiatori oceanici direzione porto di Genova per la demolizione. Lo spread invece, dopo la cura lacrime e sangue Monti/Fornero era tornato a 160 punti e da qualche mese Matteo Renzi era alla guida del paese dopo lo “stai sereno” a Enrico Letta. La metafora Concordia-Schettino si era affievolita.

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