di Giuseppe Rizza
È una città meridionale ad aver conquistato, all’ inizio dell’ anno, il prestigioso riconoscimento del titolo di «Capitale italiana della cultura». Dopo Lecce nel 2015 e Palermo nel 2018, toccherà ancora una volta a uno dei luoghi incantevoli del Sud Italia a essere protagonista nel 2022. L’isola vulcanica di Procida è sita nel Golfo di Napoli ed è parte dell’arcipelago delle isole Flegree, che si trovano nel Mar Tirreno. Incastonata tra Bacoli a oriente e la celebre Ischia sul versante occidentale, mostra una dimensione patrimoniale paesaggistica straordinaria: spiagge dal mare cristallino, siti storici, terrazze panoramiche, giardini memorabili, scalinate molto strette, un teatro naturale di vivaci case variopinte e innumerevoli piccoli borghi arroccati.
La fama di Procida inizia sul finire degli anni Cinquanta, grazie all’uscita del romanzo di formazione L’isola di Arturo di Elsa Morante, interamente ambientato sull’isola e vincitore del Premio Strega. Di lì in avanti Procida affascinerà anche il mondo del cinema, trasformandosi in set cinematografico prima per il film Il postino (1994) con Massimo Troisi e solo qualche anno più tardi per il film Il talento di Mr. Ripley (1999) con Matt Damon.
L’aspetto che reputo più interessante della vicenda è l’inversione di marcia dei giudici del Ministero della Cultura: è la prima volta in assoluto che il titolo di «Capitale italiana della cultura» viene riconosciuto a un piccolo borgo e non a un capoluogo di provincia o di regione. Procida era la più piccola delle finaliste con i suoi poco meno 10.500 abitanti, ma ha strabiliato gli addetti ai lavori per capacità di programmazione con l’innovativo progetto La Cultura non Isola, incentrato sul turismo sostenibile e non stagionale. L’intento dei cittadini procidani, che hanno incentivato la candidatura attraverso un processo di co-creazione, è di proteggere l’ambiente in cui abitano, con l’obiettivo primario di assecondare i bisogni dei turisti e, al tempo stesso, senza mai perdere di vista il pieno rispetto della cultura locale.
Trovo meraviglioso questo spirito conservatore del popolo: è il crocevia per un reale recupero delle tradizioni. Si afferma una coscienza ecologica locale, che funge da serbatoio essenziale di esperienze, metodi e competenze nella gestione ottimale delle risorse. Senza dubbio Procida potrà regalarci un modello per altre realtà isolane e costiere italiane che vogliono investire sul turismo e attrarre un numero crescente di visitatori. Il territorio non sarà più considerato banalmente come un mero luogo fisico collocato geograficamente, ma andrà ripensato come uno spazio innovativo dove agiscono nuove comunità d’interesse attraverso interazioni, relazioni, scambi.
La strada tracciata è quella giusta e i presupposti sono idilliaci. Nutro qualche dubbio nei riguardi di una piena trasposizione nel panorama nazionale. Il turismo rappresenta un settore trainante per l’economia italiana, con un peso economico pari al 13% del PIL; oltretutto la pandemia ha impattato negativamente il movimento turistico. Con la progressiva riapertura post-pandemica la voglia di recuperare i guadagni persi condurrà più alla quantità che alla qualità. Ecco perché credo che il modello procidano sia encomiabile e a tratti perfetto, ma prematuro nel momento storico che stiamo vivendo. Sicuramente, se perseguito in maniera adeguata, potrebbe fungere da apripista a lungo termine, in un futuro non proprio prossimo.
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