di Vittoria Maggini
Quando ho saputo dell’inchiesta sono andata in crisi mistica. “Ma devo scegliere solo un artista?” ho continuato a chiedere ai ragazzi, e loro ridevano. Penso sia il momento di sfatare il mito che la musica moderna faccia tutta schifo e sia priva di contenuto. È chiaro che se mi chiedete “Dimmi il nome di un artista che equivalga al Dylan moderno, o un gruppo come i Beatles” non saprei chi proporre, ma ricordiamoci che, a suo tempo, Beatles, Dylan, i Queen, Prince, Rolling Stones, Jackson e chi più ne ha più ne metta, erano visti come mercenari della cultura di massa, apprezzati in un secondo momento e non certo al primo album.
Dunque, la ragazza che ho deciso di portare ha 25 anni, è albanese d’origine ma è cresciuta a Londra, astro nascente del pop degli ultimi anni. Si chiama Dua Lipa, ed è energia allo stato puro.
Classe ’95, conosce la notorietà dopo anni di cover su Youtube. Bella, brava e una performer nata. Era chiaro che prima o poi qualcuno si sarebbe accorto di quel diamante grezzo. Oggi, sul suo comodino di casa, ha già 3 Grammys e 5 BRIT Awards.
Comincio a seguirla fin dal primo singolo “Be the One”, spulcio su YouTube tutte le sue esibizioni dal vivo, catturata dalla forza magnetica che questa giovane artista emana quando canta, con quel timbro graffiato e potente. Ogni canzone perfettamente in sincronia con la scenografia, puntualmente con qualche rimando agli anni ’90, e uno stile incredibile.
Il problema è che oggi una persona è considerata sensibile e profonda solo se ascolta certi generi musicali, come il cantautorato vecchia scuola o quello moderno. Se ascolto il pop radiofonico sono solo omologata al resto della società. Invece posso dirvi una cosa? Di Dua Lipa so tutte le canzoni e lasciatemi dire che la sua musica è tutt’altro che superficiale. Direi che è, in un certo senso, curativa.
Vi racconto un aneddoto: A novembre 2020, Dua comunica via Instagram di aver organizzato un concerto in live streaming un venerdì sera. Eravamo in zona rossa, dopo mesi di pandemia passavamo l’ennesimo fine settimana in casa, quindi figuratevi, ho comprato subito il biglietto. Il concerto è cominciato alle 21,00. Io, mia madre e mio fratello stavamo ancora cenando. Così ho preso il computer e l’ho messo al centro della tavola. Dua ha cominciato a cantare, noi abbiamo provato a resistere alla sua energia, ma niente da fare. Dopo cinque minuti, eravamo tutti e tre a ballare sulle sedie.
Per un’ora ci ha fatto dimenticare del resto, di quello che stava succedendo fuori, e questo, amici, è tutt’altro che superficiale.
Continua a farci ballare Dua!
L’articolo fa parte dell’iniziativa #Unamusicaintesta ideata dalla redazione di Culture. Globalist. Si rimanda alla lettura degli articoli precedenti.
1) Articolo introduttivo di Manuela Ballo: Le canzoni non raccontano più storie? Forse. Ma conviene ascoltare la musica giovane | Culture (globalist.it)
2)Articolo sui BTS di Elena La Verde: Dall’Asia al mondo: sono i BTS, idoli del pop coreano | Culture (globalist.it)
3)Articolo su Colapesce e Dimartino di Marcello Cecconi Colapesce e Dimartino non son mica nati ieri | Culture (globalist.it)
4)Articolo su Motta di Linda Salvetti: Francesco Motta, un cantautore tra il pop e il folk | Culture (globalist.it)
5) Articolo sui Pinguini Tattici Nucleari di Margherita Centri: I Pinguini Tattici piacciono a tutti (o quasi)