di Chiara Guzzarri
Perché non sentire il parere di Enrico Menduni, accademico e saggista italiano, sulla polemica che tanto appassiona il sistema mediatico italiano. Quella tra Fedez e la Rai? Menduni studia da molto tempo la radio, la televisione, Internet e i linguaggi che sono prodotti da questi media; discipline che ha insegnato in molte università, compresa quella senese. Sono suoi alcuni dei saggi più studiati negli atenei italiani. La Rai, peraltro, la conosce molto da vicino avendo fatto anche parte del Consiglio di amministrazione della stessa azienda pubblica. Il suo è quindi un particolare punto di osservazione che gli permette di motivare, in questa intervista, pareri non scontati.
Cosa ne pensa dell’intervento di Fedez al concerto del 1° Maggio e la reazione della Rai?
C’è da precisare, tanto per iniziare, che la trasmissione del 1° Maggio non è una trasmissione Rai, ma un evento organizzato da una società esterna di cui la Rai compra i diritti di trasmissione. Dato che il concerto avviene in diretta, implicitamente la Rai rinuncia alla possibilità di editare l’evento, perché si fida dell’organizzatore. Entrando poi più nel merito. Il primo errore della Rai è stato quello di rivolgersi all’artista, come se l’artista fosse stato da lei ingaggiato. È stata una mossa tecnicamente sbagliata, perché il contratto di Fedez non l’ha fatto la Rai che ha accetto la richiesta dei sindacati accettando di mandare in onda una diretta. Quando si decide di mandare in onda una diretta si considerano anche i rischi della cosa, cioè gli imprevisti. Se l’azienda prende questa decisione non si può poi correre dietro agli eventi in quanto impossibili da prevedere. Credo sia giusto mandare in onda il concerto del Primo Maggio e credo sia giusto mandarlo in diretta, ma bisogna assumersi il rischio di imprevisti. Se la Rai voleva avere delle garanzie sulla programmazione del progetto -ed è legittimo che se ne preoccupi – doveva comunicare con l’organizzatore dell’eventi e non direttamente con gli artisti.
Un’opinione sulla telefonata registrata da Fedez mentre conversava con i dirigenti della Rai?
C’è una mancanza di pertinenza. Alcuni enti non si rendono conto della potenza del mondo della diretta e del mondo dei social, dove chiunque può registrare qualsiasi cosa e metterla in onda. Vent’anni fa avere una telecamera era un privilegio e per poter trasmettere ciò che si era registrato e mandarlo in onda si doveva portare la cassetta in qualche studio. Il mondo è radicalmente cambiato: adesso tutti hanno la possibilità di registrare e mettere in onda. Questo modello rende inattuali alcune politiche del controllo. Sono inattuali ancor prima di essere deontologicamente discutibili. Fedez, registrando la chiamata, si è tutelato. Non hanno chiamato un’anziana signora, ma un’influencer, lui e la famiglia vivono di questo, e ha dimostrato di saper utilizzare i mezzi con cui lavora. È un maestro del social.
Quindi questo rende ancor più problematica e forse anacronistica la voglia di censura che ancora sembra animare alcuni dirigenti e giornalisti della Rai..
È del tutto evidente che vi sia alla base un elemento deontologico: non si censurano gli artisti, perché sono artisti e perché esiste la libertà d’opinione. Ma il tentativo diventa surreale proprio perché questa censura non è più possibile attuarla nelle forme paleolitiche utilizzate fino ad ora. Dovremmo guardarci intorno e imparare, anche se certe tecnologie sono difficili da applicare in democrazia. Esiste, insomma, e la vicenda lo dimostra ampiamente, un’inadeguatezza rispetto alle necessità dell’oggi.
I social hanno assunto un ruolo rilevante nel sistema dei media. Cosa ne pensa su come vengono utilizzati?
È un peccato che non si capisca che i social hanno una grande possibilità di espansione sia da un punto di vista della democrazia che della comunicazione. Ma se li si conosce così poco, come si intuisce da questo episodio, è difficile poi usare anche ‘il bello’ dei social. Vanno studiati per portare il dibattito ad un più alto livello. Nel caso di cui stiamo discutendo è evidente come una parte li abbia usati per difendersi. Poi i dibattiti tra pittori e galleristi, sceneggiatori e produttori, tra cantanti ed impresari è una dialettica storica dove far valere la ragione dell’arte non è facile. Oggi si gioca con degli strumenti particolarmente potenti pericolosi con cui si può fare molto male.
L’Italia, stando alle statistiche di alcune organizzazioni internazionali, viene considerata come uno dei paesi nei quali sarebbe a rischio nella libertà di espressione..
La proprietà di giornali e canali televisivi sono in mano a gruppi industriali e finanziari, oltre che politici. Da sempre è così, è una condizione storica che manca in altri paesi, motivo per cui si fa fatica ad essere indipendenti da certe influenze. Stampa e tv oggi sono solo un frammento della comunicazione, la maggior parte avviene sui social, dove valori e possibilità sono molto diverse. Consideriamo poi che agiamo in un paese in cui sono fortemente presenti organizzazioni delinquenziali e dove quindi le minacce ai giornalisti rimangono una costante.
Torniamo al tormentone della querelle con la Rai: Fedez, secondo lei, ha fatto bene ad affrontare il discorso del DDL Zan al concerto della Festa dei Lavoratori? O sarebbe, forse, stato meglio evitare concentrandosi su altri temi?
Lo trovo del tutto legittimo. Lui è a favore di una battaglia democratica e approfitta di ogni occasione per sostenerla. C’è chi, invece, usa questi eventi per guadagnare o sponsorizzare sé stesso, almeno la sua è una nobile causa. Mi sembra giusto che un artista impegni la sua arte come impegno politico non credo sia una cosa da condannare. È totalmente legittimo, e ripeto, la responsabilità del tipo di spettacolo ricade quegli organizzatori e non su terzi. Fanno bene a portare nuovi artisti sul palco, ma ci vuole coraggio, anche da parte dei sindacati nell’invitare figure controverse; sentire opinioni diverse è importante e portano a riflettere, anche se uno non è d’accordo. Io non ci trovo nulla di scandaloso né per la Rai né per i sindacati, che sono gli organizzatori veri del concerto. Un artista vogliamo che si esprima, l’espressione artistica è altra cosa ed ha altre regole rispetto all’espressione giornalistica o politica.
Per concludere: ha fatto bene l’artista a pronunciare ‘nomi e cognomi’ di coloro che si oppongono alla legge?
Li nomina un artista, non un politico o qualche esponente particolare. È tutt’altra cosa e andrebbe capito. Ai politici chiedo di pesare le parole, altra cosa è un artista, per quanto possa essere provocatorio, e anzi, mi fa piacere sentirlo.