Il momento di riaprire cinema e teatri e organizzare spettacoli all’aperto sembra più vicino e il ministro Franceschini sta operando, per questo obiettivo, in più direzioni. Ieri, però, ha ricevuto l’ultimatum dell’Agis, l’associazione generale dello spettacolo, insorta contro l’ipotesi di obbligare gli spettatori a fare il tampone prima dell’ingresso in sala e ad approvvigionarsi sul luogo di una mascherina Ffp2.
Dopo che la recrudescenza pandemica ha fatto saltare il primo appuntamento del 27 marzo, ora il ministro spinge per una nuova data che potrebbe coincidere con l’inizio di maggio. Il settore non ce la fa più, sta per franare e per il ministro “deve essere considerato essenziale al pari della scuola”. Perciò sta insistendo sul raddoppio delle presenze massime consentite fino a oggi per gli spettacoli sia all’aperto che al chiuso. Cerca anche il coinvolgimento delle Regioni nell’individuare sistemi sperimentali di eventi aperti anche con qualche migliaio di persone, con riferimento al concerto di Barcellona della settimana scorsa, da garantire con misure protettive che non vadano a ricadere sul prezzo del biglietto e nemmeno sugli esercenti, già troppo provati dalla crisi economica.
Pur continuando a seguire la sua consueta linea prudenziale il ministro della Cultura è in continuo contatto con i tecnici del Cts per indurli a soluzioni che vengano incontro a cinema, teatri, danza, musica, manifestazioni artistiche. E’ ipotizzabile una situazione tale che nei prossimi giorni vedrà l’uscita di un documento che darà origine a una proposta di sintesi delle richieste avanzate in queste settimane dalle associazioni di settore e dai rappresentati degli enti locali, e che il ministro si è impegnato ad inviare al Comitato.
Le varie richieste sono state accompagnate da diverse tensioni e ieri, appunto, anche dall’ultimatum dell’associazione di Carlo Fontana che contesta i tamponi perché sarebbero “un elemento di discriminazione sociale, oltre che un ulteriore disincentivo alla partecipazione”, sottolineando anche che l’eventuale costo della mascherina non sarebbe sostenibile per i gestori dei locali.
Anche cercare di placare gli animi dei gestori dei locali è in questo momento l’obiettivo di Franceschini e lo fa dichiarando che non servirà fare il tampone per tornare al cinema o al teatro. Assicura che per questo tipo di spettacoli resteranno le precauzioni vigenti, dall’obbligo della mascherina al divieto di mangiare in sala, dal divieto di assembramento alle consuete distanze. Il titolare del dicastero punterà invece, come detto, al raddoppio della capienza fissata dai protocolli ora in vigore che permettono un massimo del 25 con un massimo di 200 persone al chiuso e 400 all’aperto.
L’idea del Ministro è che tutti gli altri tipi di precauzioni, come l’ipotesi di richiedere un tampone come al concerto “apripista” di Barcellona, entrerebbero in gioco solo per eventi e situazioni speciali la cui organizzazione verrebbe lasciata alla valutazione delle Regioni. Si pensa dunque ai concerti o alle manifestazioni da tenersi rigorosamente all’aperto ma aperti anche a qualche migliaia di spettatori e con il costo delle precauzioni aggiuntive che potrebbe essere sostenuto dallo Stato o dalle regioni o magari da uno sponsor, in modo da non pesare né sugli spettatori, né sugli organizzatori. Anche se l’ultima decisione spetta ai tecnici e al governo.
L’attesa nel mondo dello spettacolo è alta. Dall’Agis alle circa 80 realtà promotrici del protocollo #Ricominciamo e a tutte le associazioni che da tempo collaborano con il ministero per disegnare un futuro ancora possibile per lo spettacolo, trattengono il fiato. Sono state settimane di attività febbrile per concordare protocolli e progettare organizzazioni sostenibili. La richiesta di autori, esercenti, artisti e produttori supera l’ipotesi del Ministro, si richiede che la capienza fissata non sia uguale per tutti, ma legata alla grandezza delle sale o dei luoghi all’aperto e che non sia proibita la vendita di alimenti, vista la complessità e la varietà del settore. Si richiede inoltre che sia lo Stato tenga a tener conto anche di quanto costano gli investimenti per la sicurezza e di tutti coloro che non se li potranno permettere.