di Manuela Ballo
Una data storica: è stata, oggi, abolita la censura cinematografica in Italia. Va finalmente in soffitta “quel sistema di controlli e interventi che consentiva ancora allo Stato di intervenire sulla libertà di espressione ” come il Ministro della cultura, Dario Franceschini, ha definito le norme che sono state finalmente cambiate. La notizia è stata data dallo stesso ministro, subito dopo che ha firmato il decreto che istituisce la Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche presso la Direzione Generale Cinema del Ministero della Cultura.
La Commissione avrà il compito di verificare la corretta classificazione delle opere cinematografiche da parte degli operatori. Il nuovo provvedimento, che è parte integrante della Legge Cinema, introduce un nuovo sistema di classificazione, superando così definitivamente la possibilità di censurare le opere cinematografiche. Per esser ancora più espliciti: non è più previsto il divieto assoluto di uscita in sala né di un’uscita condizionata a tagli o modifiche.
La Commissione è presieduta dal Presidente emerito del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, ed è composta da quarantanove membri che sono stati scelti tra esperti di comprovata professionalità e competenza nel settore cinematografico e negli aspetti pedagogico-educativi connessi alla tutela dei minori o nella comunicazione sociale, e designati dalle associazioni dei genitori e dalle associazioni per la protezione degli animali.
Questa nuova legge pone fine a una presenza invasiva dello Stato nella creazione artistica. Da sempre le autorità statali si sono riservate la possibilità di intervenire sui contenuti delle rappresentazioni pubbliche. Di volta in volta, sono state trovate le motivazioni e le formule che sembravano essere consone al periodo storico e al gusto dominante nell’epoca. I film censurati potevano esser ritenuti ” offensivi per la morale” o ” contrari al buon costume” o” pericolosi per l’ordine pubblico”. Era il 1913, e il cinema si era appena annunciato, che già i governanti pensarono a varare la prima legge sulla censura allo scopo, guarda caso, di impedire la rappresentazione di spettacoli osceni o impressionanti. Il cinema fece, quindi, fin dai suoi albori paura alle autorità statali.
Qualche anno dopo, nel 1920, fu introdotta con un Regio Decreto, la pratica della censura preventiva: fu costituita una commissione speciale che doveva giudicare le pellicole e, a farne parte, furono chiamati due funzionari di pubblica sicurezza, un magistrato, un educatore o un rappresentante di associazioni umanitarie, una madre di famiglia, un esperto d’arte o di letteratura e un pubblicista. Una commissione degna di quell’epoca. Il controllo divenne poi totale con l’avvento del fascismo e con il Ministero della Cultura Popolare che non solo censurava a più non posso i film (bastava ad esempio che fossero stranieri) ma utilizzava il cinema nella più smaccata forma propagandistica.
Molti pensarono, dopo l’avvento della democrazia e della Costituzione repubblicana che, con l’articolo 21 che aveva sancito la libertà di stampa e di tutte le forme di espressione, ci si liberasse definitivamente dell’arcaico bagaglio della censura.
Ma non è stato così. Il mondo cattolico pretese l’aggiunta, nello stesso articolo, di un comma che sanciva il divieto degli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. Iniziava l’era democristiana, quella nella quale fu addirittura creato un apposito “Ufficio centrale per la cinematografia” e, nel 1949, fu emanata una legge, presentata dall’allora sottosegretario allo spettacolo Giulio Andreotti. Sappiamo come seppe “tutelare” il cinema italiano. Solo nel 1962 fu approvata una nuova legge che confermava, però, nella sostanza, un sistema preventivo di censura e assoggettava al rilascio del nulla osta la proiezione pubblica dei film e la loro esportazione all’estero. Di legge in legge, di piccolo miglioramento in piccolo miglioramento, le cose sono andate progressivamente cambiando, con l’introduzione, ad esempio, del divieto di visione dei film ai minorenni secondo precisi criteri per fasce d’età. L’avvento della televisione, e delle pay-tv in particolare, ha progressivamente smantellato ogni resistenza conservatrice. Fino alla legge di oggi.
Per la cronaca: la prima pellicola a subire censure fu “L’inferno” di Francesco Bertolini, Adolfo Padovan e Giuseppe De Liguoro e le ultime sono state ” Totò che visse due volte” (1998) di Ciprì e Maresco, film caro alle cronache per i molti processi che innestò, e “Morituris” di Raffaelle Picchio bloccato dalla censura nel 2012. Nel mezzo un pezzo di cinematografia nazionale e internazionale. Fino ad oggi.