di Manuela Ballo
Amadeus: Ha annunciato che non ci sarà un terzo festival da lui pensato e condotto. Quindi la serata finale è l’occasione per tirare le somme di questa edizione. Ha fatto qualche scelta coraggiosa, come quella di invitare come ospite fisso Achille Lauro, ma non è stato così accorto da capire che alcune delle cose pensate probabilmente prima delle dure leggi imposte dal distanziamento sociale andavano corrette, quella della lunghezza delle serate, ad esempio. O quella di avere troppi ospiti, alcuni insignificanti. Complessivamente ha tentato un rinnovamento che purtroppo, data la situazione, è rimasto incompiuto. Voto 6 e mezzo
Fiorello: è stato un compagnone ed ha tentato di fare delle battute che facessero divertire. Ma forse è quello che ha patito di più, insieme ai cantanti, l’assenza del pubblico. Pertanto è stato un ottimo co-conduttore quando lo ha fatto. Non sempre però le sue esibizioni hanno convinto. Voto 6 e mezzo
Ibrahimovic: Dopo aver vissuto il Sanremo con battute e freddure, stasera è stata la volta del monologo. Dove è stato all’altezza, vista la notoria altezza. Si è chiesto perché fosse li e ha risposto che ha accettato questa sfida perché lui ama l’adrenalina e perché lui è Slatan e Slatan sa sia vincere che perdere, e se Slatan sbaglia può sbagliare chiunque. Ha poi mandato un abbraccio all’ Italia, definita come la sua seconda patria.
Voto 7
Giovanna Botteri: Parte leggendo un brano da “Caro Amico” di Lucio Dalla. Sembra scritto l’anno scorso, dirà la giornalista, che viveva in quei giorni in Cina proprio quando scoppiò la pandemia. Dialogando poi con Amadeus parla di come le persone che vivono lontano dalla propria terra o dai propri affetti debbano fare i conti con la distanza. E i conti li fanno con il pensiero. Per questo ha paragonato l’effetto della sala vuoto allo stesso effetto che provoca la distanza. Voto 7
Achille Lauro: Praticamente quasi a fine festival, quando si presenta sul palco senza più i travestimenti che aveva adottato nei molti quadri spiega il perché delle operazioni, affermando che la musica ha un potere straordinario, senza che ce ne accorgiamo è una potente leva per cambiare le cose esistenti. Nel quadro di questa sera ha voluto rappresentare come tutti viviamo la fine, in un modo nel quale tragedia e commedia coesistono. Una canzone che se fosse stata in gara avrebbe sbaragliato tutti gli altri concorrenti. Il giudizio in questo caso vale per tutti i quadri allestiti, e gli diamo, in barba ai conservatori e ai super critici, il massimo dei voti, 10
Ornella Vanoni: Un monumento della musica italiana che mantiene intatta la sua verve da grande interprete. La sua voce è incantevole e i suoi vibrati bassi fanno venire i brividi alla schiena. Canta tre pezzi che a loro volta sono pezzi di storia della musica leggera: “Una ragione in più”, “La musica è finita”, “Mi sono innamorato” e “Domani è un altro giorno”
Si permette battute nei confronti di tutto e di tutti. Prima di lasciare il palco pretende un bacio dai conduttori. L’ ultimo brano eseguito fa parte del suo ultimo album, “Unica” e lo canta con al piano Francesco Gabbani che è l’autore della canzone. Nel ritornello Ornella Vanoni canta “Io sono tutto l’amore che ho dato” ed è come se cantasse una parte consistente della sua autobiografia. Voto 10
Umberto Tozzi: Le feste alle superiori, le gite in campagna, la musica ascoltata con le musicassette in macchina: così i nostri genitori ascoltavano Umberto Tozzi, eppure è stato un grande della musica italiana portata nel mondo. Sentirlo ricantare “Gloria” ha fatto un effetto anche a noi che lo abbiamo potuto ascoltare solo molto più tardi da quando è stata eseguita per la prima volta. Vuol dire che è diventato un classico. Voto 8
I campioni
Ghemon: “Momento perfetto”. Alterna brani rap a musichette stile anni ’90, o meglio ancora forse anni ‘30. Lo swing dell’orchestra lo salva da una mediocre esibizione. Voto 5 e mezzo
Gaia: “Cuore amaro”. Il cuore è amaro e deluso, ma lei se la canta con un’aria spagnoleggiante. Sarà anche triste, ma dalla canzone non appare. Mentre canta “Mi resta sulla pelle l’ultima goccia di tempesta” rende, con la musica, tutto divertente e ballabile. Ottima presenza sul palco. Voto 7
Irama: “La genesi del tuo colore”. In realtà è tre sere che ripete la stessa esibizione, dal momento che sta bene, ma si fa la sua quarantena in albergo. Un modo a dir poco originale di partecipare al Festival di Sanremo. È una bella canzone e sarebbe un bel motivetto d’ amore se ad un certo punto – non si sa se la scelta sia sua o dei produttori- la sua voce non venisse alterata in maniera avveneristica: sembra più la voce di un robot di guerre stellari che non quella sua che aveva iniziato il brano. Voto 6 e mezzo
Gio Evan: “Arnica”. Un testo incredibile che poteva andar bene per le voci nuove di Castrocaro di qualche decennio fa. È divertente perché riesce a rendere ironica un’ adolescenza terribile, nella quale, da quel che si capisce, il rapporto più complicato era quello con la madre. Ma per fortuna ha la testa fra le nuvole. Voto 6 – –
Ermal Meta: “Un milione di cose da dirti”. Il pianoforte iniziale detta il tempo della musica lieve che lo porta alla dichiarazione d’ amore, un amore, come canta, che gli allunga la vita, poi segue il crescendo e la conoscenza del bene oltre l’amore. Una canzone d’ amore che però ha un briciolo di senso e racconta comunque una storia finalmente non infelice. Lui è lui e canta bene. Voto 7
Fulminacci: “Santa Marinella”. Si presenta con la chitarra a tracolla come stesse per andare in spiaggia, in quella appunto di Santa Marinella. È una ballata che però non trova ritmo, anche se divertente in alcune espressioni. Deve aver ascoltato molti cantautori della scuola romana, che però ancora non ha digerito. Voto 6 – –
Francesco Renga: “Quando trovo te”. Una canzone d’ amore con un testo francamente improponibile dove si parla di “Spazi immensi di solitudine” o di altre frasi simili. Migliora quando gorgheggia e ci fa ricordare, con il gorgheggio appunto, che siamo a Sanremo. Voto 5
Extraliscio feat. Davide Toffolo: “Bianca luce nera”. Quasi inevitabilmente, come accade spesso a Sanremo, viene evocata la presenza della morte: la mostrano con la maschera e la cantano con una musica che per fortuna sdrammatizza il gioco dei tarocchi. Complessivamente l’operazione non riesce. Sappiamo che temi come questi li può affrontare con maggiore poesia solo un certo Capossela. Voto 6 – –
Colapesce e Dimartino: “Musica leggerissima”. È una musica talmente leggera anzi leggerissima che chissà come mai finisci inevitabilmente per canticchiarla, ti viene in testa mentre studi o sotto la doccia. È la forza delle canzonette che non sono solo canzonette. I due sono bravi e se c’ è un limite è proprio questo, cioè quello di cercare delle citazioni letterarie in una musica dentro la quale potremmo mettere qualunque cosa. Voto 7 e mezzo
Malika Ayane: “Ti piaci così”. Un brano che regge solo grazie alla sua voce e alla sua capacità interpretativa. Ha fatto cose migliori. L’ unico piccolo brivido lo provoca quando lascia libera la voce e va in alto. Voto 6
Francesca Michielin con Fedez: “Chiamami per nome”. Più si ascolta questa canzone e più convince per la tenerezza che suscita, per il fatto che riescono a trasmettere l’incanto di riconoscersi pur in mezzo a tante altre persone. È lo schema naturale dell’amore. Funzionano insieme, anche se lei si fa preferire per la voce squillante. Voto 7 e mezzo
Willie Peyote: “Mai dire mai (La locura)”. Una canzone in cui non si parla d’ amore e si attacca frontalmente il conformismo imperante. Canta: “Abbiamo stadi e non teatri” oppure “Lo chiami futuro ma è solo progresso”, il refrain poggia su uno slogan che ancora funziona, mai dire mai, ma pochi sanno che questa è una massima resa famosa da un importante personaggio storico e il titolo di un bel film. Voto 7
Orietta Berti: “Quando ti sei innamorato”. Un applauso per l’originalità del suo abbigliamento, una via di mezzo tra la tradizione e il glamour. Quando canta ci verrebbe subito da cantare: “Finché la barca va lasciala andare”. Finché Orietta va lasciamola andare. Voce sanremese per eccellenza. Un voto che non è dato dalla sua esibizione, ma dalla sua carriera. Voto 7
Arisa: “Potevi fare di più”. Chissà come mai ascoltando Arisa si ha la sensazione che canti sempre la stessa canzone. Mi è venuta in mente, tanto per dire, un’altra sua canzone. Cura l’abbigliamento in maniera attenta, ma anche in questo caso forse eccessiva. Un 6 e mezzo per tutte le canzoni che ha cantato.
Bugo: “E invece sì”. Ama la città e odia la campagna, parla di supermercati e della vita quotidiana, dentro c’ è anche un po’ d’ amore. Peccato che stoni e stonare a Sanremo non è proprio un gran pregio. Voto 5 – –
Maneskin: “Zitti e buoni”. Buonasera signore e signori, siamo fuori di testa e diversi da voi. Per questo facciamo rock. È un messaggio esplicito quello dei Maneskin. Diversi di certo lo sono, per la musica e anche per le parole. È l’unico pezzo rock ascoltato a Sanremo, un rock vero dove dominano chitarra, basso e batteria. I riferimenti sono più alla musica americana che al rock di casa nostra. Bella anche la performance. Voto 8 e mezzo
Madame: “Voce”. Tutti si chiedono perché si presenti per l’ennesima volta scalza, o perché sia entrata col velo da sposa in testa. Sono curiosità sulle quali non si possono dare voti, ma sulla voce e sull’ interpretazione si. Ha un timbro particolarissimo e alterna espressioni distese e singhiozzi. Una voce che si integra bene, in questo pezzo, con gli strumenti dell’orchestra creando una sonorità perfetta. Voto 7
La Rappresentante di Lista: “Amare”. Un gruppo che ha scelto la via del melodico accompagnata da un buon ritmo. Sono in un qualche modo il contraltare dei Maneskin, sia nel modo di fare musica che nel modo di stare sul palco. Sono dentro la tradizione però lo fanno in un modo elegante e raffinato. Voto 6
Annalisa: “Dieci”. Conferma in questa serata finale la sua verve sanremese. La voce è squillante e il ritornello funziona. Si nota la sua capacità di calcare il palco. Mieterà molti consensi nel voto popolare. Voto 7
Coma_Cose: “Fiamme negli occhi”. Cantano conversando e guardandosi negli occhi, raccontano una storia d’ amore: la loro? L’ invocazione reciproca è a restare qui. Le voci sono educate e il duetto funziona. La canzone non è un granché. Voto 6 e mezzo
Lo stato sociale: “Combat pop”. Cercano di essere alternativi e simpatici, riempiendo la canzone di piccoli giochi di prestigio utilizzando un paravento dal quale entrano ed escono personaggi, come Peter Pan o altre figure leggendarie della letteratura o del cinema. Ma che senso ha, come loro cantano, credere di essere alternativi essendo in realtà molto conformisti? Voto 6
Random: “Torno a te”. Resta un mistero. La sensazione delle precedenti esibizioni viene confermata. Ha una voce strana che a volte sembra steccare, ma non si capisce, come già detto, se sia un errore o se proprio punti su questa particolarità per colpire l’ ascoltatore. Anche la canzone peraltro non è un granché però è giovane ed ha del tempo davanti per farsi. Voto 5 –
Max Gazzè e Trifluoperazina Monstery Band: “Il farmacista”. Incredibile. Si è vestito da persona normale con tanto di camicia, giacca e cravatta e tanto di occhiali. Il farmacista si mostra nel suo vero essere ed è il ricercatore o lo scienziato dei nostri giorni, che però mantiene intatta la follia. Mimando la canzone e slacciandosi la camicia diventa improvvisamente Superman. è il rapporto tra normalità e anormalità il succo della sua esibizione. Voto 7
Noemi: “Glicine”. A partire dal ritornello è un’aria scritta appositamente per Sanremo. Una melanconica canzone d’ amore. Lei ha una bella voce e sa interpretarla bene. Sembra ieri sarà un successo nelle radio e conquisterà anche molti consensi tra i diversi tipi di pubblici, dai giovani innamorati agli abituè. Voto 7
Fasma: “Parlami”. Un buon ritmo e testo tipico di una canzone d’ amore Sanremese. Invoca l ‘amata parlami, parlami; guardami, guardami. Speriamo che lei lo faccia così si tranquillizza. Voto 5 e mezzo
Aiello: “Ora”. Siamo nei gusti proprio di questi anni. Voce originale, a tratti singhiozzante, che cantando ricorda una notte che ha lasciato segni indelebili. Segni tali da incidere in tutte le notti successive. Politicamente corretto perché non si capisce se la notte l’abbia passata con una lei o con un lui. Voto 6