La musica influenza il nostro cervello. Non solo nell’immediato, con la scelta del brano che più ci piace. L’effetto che produce quella canzone, nel legame tra la musica e il testo, è a medio e lungo termine. Ci segue nel tempo, diventando una sorta di totem che segnala la nascita o la fine di un amore, l’affermarsi di un’amicizia o un semplice mal di pancia per un inaspettato problema familiare. Lo spiega bene, nel suo articolo, Maurizio Bettini. Lo spiegherebbero ancora meglio- se chiamati in causa- i neurologi i quali conoscono ormai alla perfezione, quali sono i meccanismi attraverso i quali la musica attiva quelle aree che chiamano limbiche, quelle ciò che determinano i nostri comportamenti, specie quelli impulsivi. Abbiamo voluto condurre un piccolo test, proprio in occasione del Festival di Sanremo, che è una sorta di torta sulla quale ronzano come vespe golose le emozioni e i ricordi del passato. Un gruppo di amici si è prestato al gioco: qual è la canzone che più ricordi di Sanremo? Cosa ti ricorda quel brano e quali sensazioni ti ha suscitato allora? In questa rubrica su Sanremo troverete quindi i ricordi degli amici che si sono prestati al gioco. Noi (Manuela Ballo, Marcello Cecconi e Francesco Tunda) abbiamo raccolto le testimonianze e cercato di attenerci il più possibile a ciò che ci hanno raccontato della canzone scelta e delle emozioni in loro suscitate.
Maurizio Bettini. Memorie del festival: non sono solo “canzonette”, si portano dietro la nostra vita
“Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti/ E tu sei piccolina, e tu sei piccolina/Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti/Sei nata paperina, che cosa ci vuoi far?”: la intona, Sergio Staino, la canzone di Sanremo che gli è rimasta nel cuore. E’ “Papaveri e papere” cantata da Nilla Pizzi.
Ha anche una bella voce, il papà di Bobo, ormai ottantenne. E scarica sull’interlocutore, com’è abituato a fare, un’ondata di ricordi: “Era l’inverno del 1952; faceva un freddo cane; la radio s’ascoltava a letto, sotto le coperte, cercando di tenerci caldi, io e mio fratello, accanto alla nonna. Gran voce. S’era venuti via da poco da Piancastagnaio e si stava nella zona del Galluzzo, a Firenze. Ero un adolescente e le paperine mi tiravano già. E poi a sentirla cantare non ci sfuggiva nemmeno un certo malcelato intento polemico. Magari gli autori non l’avevano fatto apposta ma a noi quei papaveri alti alti ci sembravano proprio quei signori che comandavano, i capoccioni”.
“Papaveri e papere” cantata da Nilla Pizzi
E’ proverbiale la capacità che Sergio Staino ha non solo nel disegnare, ma anche nel raccontare le storie, evocando climi e rintracciando dettagli: ” Arrivò seconda, battuta per un soffio da “Vola Colomba”, anche questa cantata da Nilla Pizzi. Gran bella voce. “Vola Colomba” vinse perché era patriottica ed evocava il ritorno degli italiani a Trieste, un’impresa molto sentita dal popolo. San Giusto e le sue campane che suonano alfine libere mentre i bersaglieri entrano in città. Erano gli anni in cui si avvertiva ancora il calore patriottico. L’anno dopo ci fu un altro brano che sulla stessa linea ottenne un grande successo, “Vecchio scarpone”, cantato da Gino Latilla. Ah, la radio, che invenzione! Dava a quelle musiche e a quelle parole un nonsoché di magico, ti portava con la fantasia nei mondi che i canti evocavano; ti faceva vedere senza obbligarti a fissare le immagini”.
Rubrica a cura di Manuela Ballo, Marcello Cecconi, Francesco Tunda