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Gio Evan, il poeta-cantautore del momento, amatissimo dai millenials e non solo, arriva per la prima volta al Festival di Sanremo, in gara tra i 26 Big, con il suo brano Arnica e porta con sé anche il suo mondo poetico. La canzone è una cura per l’anima. “L’ho scritta quando mi sono rotto un dito durante un’arrampicata. Ed è una metafora: come l’arnica può curare i traumi fisici, così con la canzone ho alleviato i trami dell’anima, racconta, come viene riportato dall’Ansa. “L’arnica è un fiore perenne che nella sua fragilità tende all’immortalità e diventa balsamo per attutire le botte del mondo”, aggiunge.
Gio Evan – che non è il suo nome d’arte, ma è il nome con il quale è stato battezzato in Argentina e fa riferimento a Giovanni Evangelista – è fatto così: un giovane poeta musicista, che coniuga l’arte della poesia insieme alla musica, tanto da confonderle tra loro: “E ci ho messo un po’ a far andare d’accordo questi due mondi. Dopo dieci libri e due dischi: solo ora ho iniziato una relazione intima tra loro e non riesco più a distinguere dove inizia una canzone e dove finisce una poesia. Mi sono reso conto che se leggi dei versi in modo diverso diventano una melodia”.
Un artista poliedrico, a cui le definizioni stanno anche strette. “Sono più appassionato di pittura che di poesia, più di danza che di canto” e “vivo in montagna, ma omaggio il mare”. E’ un insieme di contraddizioni e contrapposizioni che nel suo mondo musicale trovano una forma e un senso non affatto scontati. Come nel nuovo album, il terzo della sua carriera, dal titolo “Mareducato”, previsto per il 12 marzo (Polydor /Universal Music), diviso in due parti: nella prima, dieci canzoni che rappresentano le tappe di un viaggio immaginario dalla riva al profondo del mare, dove ogni fase è uno stato d’animo, conoscenza di se stessi e dei propri limiti; nella seconda, dieci poesie inedite accompagnate dalla musica, che hanno molti rimandi alla letteratura, al cinema, alla pittura e alla religione. Il disco sarà poi seguito, il 16 marzo, dal suo nuovo libro di poesie “Ci siamo fatti mare” (Rizzoli). “Un nuovo modo di dire grazie al mare, dove ho vissuto per due anni. Io che a 14 anni sono andato via di casa scegliendo la montagna come mio ambiente naturale, ho scoperto che il mare ti mette a nudo con te stesso. Non puoi scappare, non puoi nasconderti, come invece si può fare in montagna”.
Gio Evan – che non è il suo nome d’arte, ma è il nome con il quale è stato battezzato in Argentina e fa riferimento a Giovanni Evangelista – è fatto così: un giovane poeta musicista, che coniuga l’arte della poesia insieme alla musica, tanto da confonderle tra loro: “E ci ho messo un po’ a far andare d’accordo questi due mondi. Dopo dieci libri e due dischi: solo ora ho iniziato una relazione intima tra loro e non riesco più a distinguere dove inizia una canzone e dove finisce una poesia. Mi sono reso conto che se leggi dei versi in modo diverso diventano una melodia”.
Un artista poliedrico, a cui le definizioni stanno anche strette. “Sono più appassionato di pittura che di poesia, più di danza che di canto” e “vivo in montagna, ma omaggio il mare”. E’ un insieme di contraddizioni e contrapposizioni che nel suo mondo musicale trovano una forma e un senso non affatto scontati. Come nel nuovo album, il terzo della sua carriera, dal titolo “Mareducato”, previsto per il 12 marzo (Polydor /Universal Music), diviso in due parti: nella prima, dieci canzoni che rappresentano le tappe di un viaggio immaginario dalla riva al profondo del mare, dove ogni fase è uno stato d’animo, conoscenza di se stessi e dei propri limiti; nella seconda, dieci poesie inedite accompagnate dalla musica, che hanno molti rimandi alla letteratura, al cinema, alla pittura e alla religione. Il disco sarà poi seguito, il 16 marzo, dal suo nuovo libro di poesie “Ci siamo fatti mare” (Rizzoli). “Un nuovo modo di dire grazie al mare, dove ho vissuto per due anni. Io che a 14 anni sono andato via di casa scegliendo la montagna come mio ambiente naturale, ho scoperto che il mare ti mette a nudo con te stesso. Non puoi scappare, non puoi nasconderti, come invece si può fare in montagna”.