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di Marcello Cecconi
Undici anni fa, il primo novembre, Alda Merini moriva a causa di un tumore osseo nella città dove era nata, la sua amata Milano. Non fu certo un’esistenza facile, la sua. Cresce in una famiglia modesta con fin dall’infanzia incomprensioni con i genitori e con quella malinconia che sempre più l’avvolgerà.
Passano gli anni fra alti e bassi ma poi arriva il periodo di quella che lei chiamerà “prime ombre della mia mente” che si alternerà con altri periodi colmi di lucidità e profondità di pensiero che le permettono di fermare sulla carta raffinate immagini, sogni e turbamenti. Una delle insegnanti di Alda, alle scuole medie, ebbe l’opportunità di sottoporre una sua poesia a Giacinto Spagnoletti e il critico letterario ne apprezzò molto le doti poetiche tanto da incoraggiarla e poi introdurla nel mondo intellettuale della città.
Proprio grazie al suo intervento usciranno nel 1950 le prime due poesie, Il gobbo e Luce nella raccolta Antologia della poesia italiana contemporanea 1909-1949. Ma già erano apparsi i suoi primi gravi disturbi psicologici e verrà internata per un mese all’ospedale psichiatrico di Villa Turno a Milano. Quando esce è aiutata da un gruppo di amici intellettuali conosciuti a casa di Spagnoletti, fra i quali Savatore Quasimodo, Giorgio Manganelli e Eugenio Montale che nel 1951 suggerirà all’editore Scheiwiller di inserire due poesie inedite di Alda Merini in Poetesse del Novecento.
Nel 1953 si sposa con un panettiere milanese, Ettore Carniti, e pubblica la sua prima raccolta di versi, La presenza di Orfeo per l’editore Schwarz, che due anni dopo pubblicherà anche la seconda raccolta Paura di Dio con poesie che vanno dal 1947 al 1953. Sempre nel 1955, Schwarz, pubblicherà anche Nozze romane mentre Bompiani l’opera in prosa La pazza della porta accanto. È lo stesso anno della nascita della primogenita e a Pietro de Pascale, medico curante della bambina, la Merini dedicherà la raccolta di poesie Tu sei Pietro pubblicata nel 1961 dall’editore Scheiwiller.
La depressione post-parto la ritrascinò nel buio più profondo e inizia una serie di periodi di silenzi e solitudine, dovuti all’internamento al “Paolo Pini”, che dura fino al 1972, interrotti da ritorni in famiglia durante i quali nascono le altre tre figlie. Ma i momenti di lucidità e folta nebbia si susseguono, dipendenti forse dalla sindrome bipolare, una malattia che sembra preferire grandi poeti e scrittori visto che ne sono stati affetti, fra gli altri, Charles Baudelaire, Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald, Lord Byron e Virginia Woolf.
Dopo il 1979 la Merini torna a scrivere raccontando con toni intensi e drammatici, dei quali era capace, il suo senso di solitudine delle sconvolgenti esperienze al manicomio: “Quando mi ci trovai nel mezzo credo che impazzii sul momento stesso, in quanto mi resi conto di essere entrata in un labirinto dal quale avrei fatto fatica ad uscire. – scrive Alda in uno di questi racconti – Improvvisamente, come nelle favole, tutti i parenti scomparvero”. Nel 1984, Vanni Scheiwiller le raccoglierà in La Terra Santa.
Rimasta sola dopo la morte del marito si avvicina al poeta Michele Pierri che, nel momento in cui lei si riavvicinava al mondo letterario, aveva dimostrato apprezzamenti dei suoi scritti. Nel 1983 i due si sposano e Alda si trasferisce a Taranto dove rimarrà tre anni, sperimentando ancora gli orrori del manicomio, ma riuscirà comunque a scrivere le venti poesie-ritratti de La gazza ladra e in prosa L’altra verità. Diario di una diversa.
Nel 1986 torna a Milano e sotto la terapia della dottoressa Marcella Rizzo inizierà una produzione letteraria importante raggiungendo anche una certa serenità. Nel 1993 riceve il Premio Librex-Guggenheim “Eugenio Montale” per la poesia, che la avvicinarono a quei grandi letterati contemporanei che prima di lei ebbero il premio, come Giorgio Caproni, Attilio Bertolucci, Mario Luzi, Andrea Zanzotto, Franco Fortini. “Premio Viareggio” per il volume La vita facile nel 1996 e l’anno seguente il “Premio Procida-Elsa Morante“. Nel 2002 esce un volumetto Folle, folle, folle d’amore per te edito da Salani, con un pensiero di Roberto Vecchioni il quale nel 1999 aveva scritto Canzone per Alda Merini. Nel 2003 la Einaudi Stile Libero pubblica un cofanetto con videocassetta e testo dal titolo Più bella della poesia è stata la mia vita.
Poi di nuovo un ricovero all’Ospedale San Paolo di Milano per problemi di salute e al ritorno a casa nello stesso anno, 2004, esce un disco con undici brani cantati da Milva tratti dalle sue poesie. Il suo ultimo lavoro è datato 2006: Alda Merini si avvicina al genere noir con La nera novella (Rizzoli).
Tutti i suoi scritti, poesie e prosa, sono lo specchio della sua esistenza, altalena fra geniale lucidità e terribile solitudine, un’autrice “diversa” assimilata per certi versi ai poeti maledetti come Badeaulaire con il quale ha condiviso il premio Librex-Guggenheim. Lei, però, con le sue poesie, con i suoi scritti, ci ha sempre fatto capire di trovare e descrivere bellezza anche dove potrebbe sembrare impossibile, una donna mai dentro gli schemi che ha segnato la nostra cultura in maniera indelebile.