di Antonio Salvati *
Da anni si è sviluppato un intenso dibattito attorno a quel che viene definito hate speech (incitamento all’odio o discorsi d’odio). Dibattito non solo giuridico, ma politico-filosofico e dunque culturale, tirando in ballo anche la libertà di espressione. L’espressione hate speech si è affermata negli anni Novanta e effettivamente l’osservazione del fenomeno e l’impegno a contrastarlo non sono nuovi. Per molti decenni l’attenzione si è concentrata soprattutto sull’odio su base razziale, sull’antisemitismo e sul negazionismo. All’inizio del nuovo millennio la sensibilità sul tema è cresciuta fino a comprendere le minoranze religiose, mentre altre categorie come i disabili, gli anziani e le donne sono da tempi relativamente recenti considerate potenziali bersagli dei discorsi d’odio.
In tal senso, meritevole è la campagna presentata il 3 giugno 2020 per una cultura contro il discorso d’odio contro le donne e le ragazze online e offline, in cui è intervenuta la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti. Campagna promossa con il coinvolgimento delle scuole: l’IIS Oriani Mazzini e l’IIS Caterina da Siena di Milano, l’IIS Amedeo Avogadro e l’Istituto Albe Steiner di Torino, 15 classi e oltre 300 ragazze e ragazzi. Sono loro le protagoniste e i protagonisti di “Love4Love”, la campagna di comunicazione social nata dal lavoro con summenzionate classi tra ottobre 2019 e maggio 2020, nell’ambito del progetto Digit.ALL, per accrescere la sensibilizzazione sul discorso d’odio contro le ragazze online e offline.
La ministra ha ricordato l’esistenza di una violenza fisica contro le donne diffusa, una piaga del nostro paese. Ha sottolineato che la questione non va trattata esclusivamente attraverso la cronaca nera. È un fenomeno pervasivo e degradato che scaturisce dalle relazioni alterate che abbiamo l’uno con l’altro. Le parole non sono vuote, possono avere una potenza generatrice, ma anche ferire pesantemente. Le relazioni devono essere improntate sul riconoscimento della diversità. La violenza sulle donne dipende spesso dal fatto che all’interno di una relazione l’uomo si concepisce come il soggetto e assegna alla donna il ruolo di oggetto. La vera universalità dei diritti si riconosce attraverso il riconoscimento della differenza gli uni degli altri. La ministra ha accordato ai giovani un’importante responsabilità: quella di non ripetere gli errori del passato. Estirpare la discriminazione di genere – è stato l’invito della ministra – deve essere il vostro obiettivo: è una responsabilità che dovete sentirvi addosso e dovete comunicarla, senza alibi, con coraggio per dare un volto nuovo della cittadinanza.
Il progetto, nato dalla partnership tra il Centro di Ricerca sulle Relazioni Interculturali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e il Centro di Ricerca RISSC, è stato realizzato grazie al contributo della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento Pari Opportunità, in applicazione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (la nota Convenzione di Istanbul, la cui ratifica è stata recentemente vergognosamente respinta dal parlamento ungherese).
Canzoni, minivideo, meme ironici, opere grafiche, lavori artistico-poetici, immagini, TikTok e simulazioni di chat WhatsApp. Differenti formati comunicativi e stili espressivi per i prodotti realizzati nei laboratori iniziati in presenza e, a seguito dell’emergenza sanitaria, continuati durante la DAD (didattica a distanza) con ottimi risultati di partecipazione. I lavori saranno ora diffusi dalla pagina Instagram LOVE4LOVE (https://www.instagram.com/digit.all_love4love/?hl=it), mentre, non appena sarà possibile il ritorno a scuola, una mostra sarà esposta nelle scuole e in luoghi significativi delle città.
Il progetto ha realizzato, in particolare, la app Digit.ALL per segnalare episodi di odio online contro le donne. «I nostri attivisti digitali possono segnalarci in modo anonimo ogni volta che lo vedono un episodio di odio online, e queste segnalazioni servono a noi ricercatori per comprendere meglio le radici del fenomeno e come cambia in un mondo così rapido e fluido come quello digitale. Per capire quindi, e provare a smontare» – spiega Elena D’Angelo, ricercatrice e responsabile del progetto Digit.ALL presso RISSC.
In tutte le sue fasi (analisi dei discorsi d’odio contro le ragazze, sviluppo della app, produzione dei lavori, progettazione e realizzazione della mostra, scelta del nome LOVE4LOVE, creazione del logo, diffusione tramite social) il progetto ha vissuto grazie alla partecipazione attiva e alla creatività delle ragazze e dei ragazzi attraverso la co-progettazione dal basso e la centralità della comunicazione tra pari, con i propri linguaggi e stili. Nella convinzione che allenare a pensare al plurale sia l’unica possibilità di contrastare e prevenire gli stereotipi e i pregiudizi. Oltre ogni categoria.
«L’opzione educativa che abbiamo percorso – spiega Milena Santerini, ordinaria di Pedagogia generale dell’Università Cattolica e direttrice scientifica del progetto – è quella di riconoscere l’hate speech contro le ragazze, ma al contempo chiedere ai ragazzi e alle ragazze di impegnarsi in prima persona». Per Santerini, già presidente della No Hate Alliance del Consiglio d’Europa, «dobbiamo promuovere giovani cittadini digitali capaci di vivere forme di attivismo digitale, sensibilizzando i coetanei sul contrasto al linguaggio sessista e sullo stretto collegamento tra come agiamo nei social network e offline».
* L’autore ha collaborato con il Centro di Ricerca sulle Relazioni Interculturali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano