di Giuseppe Costigliola
Se c’è un insegnamento che possiamo trarre da questa pandemia che ci ha stravolto la vita, è il valore supremo della solidarietà. E non soltanto quella tra persone appartenenti a una certa comunità: per superare questa e future terribili prove, dovremo recuperare la solidarietà della specie a cui apparteniamo, quella degli Homo sapiens, insieme ad un equilibrato e solidale rapporto con tutte le specie viventi, animali e vegetali. La drammatica esperienza che stiamo vivendo ci fa capire che continuando a pensarci come isole, come individui l’un l’altro slegati, continuando a barricarci nei nostri confini tribali, a illuderci che i comuni, le regioni, gli stati nazionali in cui siamo rinchiusi siano muri invalicabili dietro cui ripararci dai disastri del mondo, continuando insomma a pensare ed agire come da troppo tempo siamo abituati a fare, uccidiamo il nostro futuro.
Il mondo, l’evoluzione, la biologia non funzionano così: ce lo dimostrano migliaia di anni di storia, di studi scientifici. Virus, batteri, malattie, disastri ecologici, crisi economiche, guerre: tutto ciò non conosce barriere, è indifferente alle creazioni concettuali dell’uomo come i confini e le frontiere.
Il razzismo, i discorsi reazionari sulle etnie, sulle razze, le divisioni di classe e di censo, di genere, di religione, i muri reali tra gli stati e quelli virtuali che erigiamo nelle nostre menti spaventate: quanto è vecchio tutto ciò, quanto è superato dalle tragedie che quotidianamente viviamo, quanto è slegato dagli insegnamenti della scienza e del buonsenso.
A farci meditare su questo è un libro del giornalista e saggista Valerio Calzolaio, recentemente pubblicato, La specie meticcia. Introduzione multidisciplinare a una teoria scientifica del migrare (People editore, pp.217, 18€). Partendo dall’assunto che ancora manca una teoria scientifica del migrare, riflettendo sul fenomeno delle migrazioni, Calzolaio propone un approccio alla materia evoluzionistico e interdisciplinare, per superare pregiudizi e luoghi comuni, demagogie e speculazioni politiche.
Il volume si apre con un interrogativo, una messa in quarantena delle “certezze” cui ci pasciamo: “E se fosse stata la capacità di migrare a rendere sapiente l’evoluzione umana, quella straordinaria capacità, lentamente maturata, di riuscire sempre a fuggire, a scappare da disastri e guai, comunque di spostarsi mantenendosi vivi e fertili, di sopravvivere e riprodursi, di adattarsi e mescolarsi in ogni ambiente, in ogni permeabile ecosistema della Terra?”
Servendosi di strumenti che vanno dall’ecologia alla biologia evoluzionistica, dall’antropologia alla botanica, dalla genetica alla psicologia comportamentale, l’autore ci conduce con indubbie qualità divulgatorie in un viaggio di autoscoperta degli esseri umani come specie, e del meraviglioso pianeta cui siamo indissolubilmente legati. Quindi approfondisce la situazione attuale, con una riflessione sulla sfera giuridica del migrare, l’analisi della Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948, e della formulazione del Global Compact for Migration, il primo accordo globale sul libero migrare, in vigore dal 2019.
La tesi portata avanti, suffragata da evidenze scientifiche, scardina alla radice i tanti luoghi comuni sulle razze umane, smaschera le falsità che troppi politici nel mondo cavalcano e brandiscono per fare breccia nell’ignoranza: il meticciato è il carattere fondante della specie umana. “Forse è giunto il momento di definirci tutti insieme una specie meticcia” scrive l’autore. “Ognuno di noi, da millenni, porta il segno genetico e culturale dei gruppi e degli individui che hanno emigrato”. “Chiunque incontriamo oggi”, continua Calzolaio, “condivide con noi un antenato comune vissuto più di tremila anni fa e quasi tutto il DNA, oltre il 99 per cento”.
La migrazione è stato un cruciale fenomeno evolutivo per le specie umane, e ogni ecosistema è antropologicamente meticcio: la geografia umana del pianeta è frutto di un continuo rimescolamento, la genetica conferma che nessuno può associare le proprie origini a un solo determinato luogo. Dunque, “Non esistono individui e popoli autoctoni”.
Il meticciato, inteso come “una fusione scientificamente provata di corredi genetici diversi”, non è in quanto tale titolo di merito, né di demerito: semplicemente, l’evoluzione è stata segnata da continue migrazioni. Non si tratta di questioni etiche o di giudizi morali, quanto, piuttosto, di sviluppare una consapevolezza, che “potrebbe aiutare a farsi meno illusioni sulla nostra identità, individuale e collettiva”, dunque a non ascoltare le sirene tentatrici di coloro che vogliono convincerci che “noi” esistiamo in quanto altri da “loro”, chiunque essi siano. In realtà, nel nostro genoma siamo tutti africani: proveniamo da quel continente, tutti.
Per quanto sia più semplice costruirsi un’identità fittizia contrapponendosi a chi si reputa in qualche modo diverso, le cose non stanno così: c’è qualcos’altro, radicato nelle nostre remote origini, ben più profondo dei legami di parentela, delle specificità culturali e somatiche, delle lingue, degli usi e delle tradizioni, delle storie locali: “L’importante è essere consci del fatto che tutti noi tramandiamo geni e capacità che vengono da molto lontano, nel tempo e nello spazio: siamo l’anello di una lunga catena meticcia”.
È dunque giunto il momento di demistificare false convinzioni, vieti luoghi comuni. Perché migrare non è semplice nomadismo, ma una strategia evolutiva di sopravvivenza e adattamento. L’immigrazione segna l’evoluzione della vita, fa crescere la biodiversità, determina un arricchimento culturale, un rafforzamento biologico della specie.
Libri del genere sono quanto mai salutari, in particolare nel drammatico momento storico che stiamo vivendo: ci aiutano a prendere coscienza di quel che siamo, in quanto esseri umani, ci illuminano su come siamo arrivati sin qui, ci indicano come potremo continuare a proliferare su questo pianeta, con un drastico cambiamento di rotta, con una nuova consapevolezza. Ci aiutano a smascherare le falsità, a riconoscere le idiozie con le quali i tanti politicanti di questo mondo avvelenato ci abbindolano e ci circuiscono per i loro bassi fini, su cui costruiscono un presente senza futuro. Ci aiutano a identificare i tanti cantori di morte che affollano le nostre piazze reali e virtuali, mostrandoceli per quel che sono: squallidi e truci ignoranti che fomentano la xenofobia per controllare e condizionare la popolazione, facendo leva sulle nostre paure, rendendole ad arte uno stato permanente, e così edificando il proprio angusto potere e quello dei potentati che li manovrano. Quando sentirete costoro farneticare di muri e di frontiere, quando li vedrete seminare odio e violenza contro questa o quella minoranza, contro i sopravvissuti di guerre e di stermini, ricordatevi di questo libro. Perché la conoscenza e la consapevolezza sono l’unico argine al populismo becero, alle demagogie autoritarie e sovraniste, l’unico antidoto alle nostre naturali vulnerabilità.