di Francesco De Vanna
Se Twitter «serves the public conversation» e il suo motto è «It’s what’s happening»; se la missione di Facebook nel 2017 era quella di «Bring world closer together»; se lo slogan di YouTube che compariva nel suo logo fino al 2015 era «Broadcast Yourself», ciò significa che l’espressione pubblica nel ventunesimo secolo evidentemente avviene attraverso canali che non sono più descrivibili come “innovativi”, “all’avanguardia” o “sperimentali”: piuttosto, essi rappresentano già lo status quo.
In particolare, la velocità e la pervasività delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione contribuiscono oggigiorno ad una diffusione capillare del fenomeno dell’hate speech (“discorso d’odio”) a livelli sinora inediti.
Pertanto, occorre ripensare il discorso dell’odio come “questione sociale” fondata su attitudini discriminatorie e, a tal fine, vengono in aiuto gli strumenti di comprensione dal pensiero filosofico-giuridico, filosofico-politico, linguistico e, più in generale, dal diritto internazionale dei diritti umani.
Il volume di Alessandro Di Rosa, Hate speech e discriminazione. Un’analisi performativa tra diritti umani e teorie della libertà (Mucchi, Modena, 2020, collana “Prassi sociale e teoria giuridica”, 237 pp, 17 euro: clicca qui), costituisce un tentativo di tenere insieme questi diversi livelli di analisi per inquadrare la questione del discorso d’odio e per suggerire linee di contrasto.
Il contenuto del libro pare rivolgersi direttamente anche ai mondi dell’associazionismo e delle organizzazioni della società civile che svolgono attività di contrasto a tali fenomeni.
Un esempio significativo in tal senso è quello del No Hate Speech Movement del Consiglio d’Europa, volto a diffondere messaggi positivi attraverso contro-narrazioni, con l’obiettivo di scardinare le pratiche d’odio, generate dalle molteplici forme di discriminazione.
Un’attività simile è quella della Task Force Hate Speech di Amnesty International Italia, che mira alla segnalazione di commenti d’odio su Facebook e all’impegno nella comunicazione positiva per contrastare le narrazioni basate su stereotipi, pregiudizi, stigmatizzazioni: si vedano in proposito i Report del Barometro dell’odio – Conta fino a 10. Barometro dell’odio in campagna elettorale (2018 ); Barometro dell’odio. Elezioni europee 2019 e, da ultimo, Barometro dell’odio. Sessismo da tastiera ma anche il kit per il contrasto che l’associazione mette a disposizione sul suo portale.
L’utilità del volume consiste proprio nel fornire un’accurata analisi del fenomeno dell’hate speech al fine di contrastarne la diffusione.
Definire il discorso d’odio e svelare alcune delle logiche che soggiacciono alle concezioni consapevolmente (o meno) adottate da persone fisiche, istituzioni, utenti della rete, compagnie transnazionali, organizzazioni internazionali, infatti, risulta imprescindibile ai fini delle numerose attività che il fenomeno porta con sé, prima fra tutte quella del contrasto, ma anche quella dell’advocacy e della sensibilizzazione, così come quella dell’adozione di strumenti giuridici e istituzionali in risposta alla sempre più incessante diffusione di un fenomeno che inquina la sfera pubblica e aumenta la violenza, generando concreta sofferenza nelle persone oggetto di attacco.