Gli storici dell’arte brasiliani sono “angosciati” dalla distruzione della foresta amazzonica con il fuoco, rilanciano l’allarme sulla crescita esponenziale degli incendi cresciuta “dell’82% soltanto da gennaio ad agosto 2019” e in un documento attaccano esplicitamente il presidente Bolsonaro.
Gli studiosi sono a Firenze per il 35esimo Convegno mondiale degli storici dell’arte del Ciha (Comité International d’Histoire de l’Art), organizzato in Italia dopo 40 anni. Per questa edizione il simposio ha una doppia finestra: la prima in corso fino al 6 settembre nel capoluogo toscano sotto il titolo “Motion: Transformation”, la seconda sarà il prossimo anno in Brasile. E giovedì il comitato organizzatore per la parte brasiliana leggerà un testo al Kunsthistorisches Institut of Florenz (l’istituto tedesco di storia dell’arte) scritto nell’ottobre scorso in cui gli storici dell’arte brasiliani hanno manifestato “angoscia e allarme” contestando direttamente Bolsonaro. E quindi prima delle devastazioni degli ultimi mesi. Il loro appello è più valido che mai.
Per gli studiosi la distruzione della foresta pluviale a un passo così accelerato compiuta nel primo semestre del nuovo governo brasiliano “è solo la punta dell’iceberg di quanto appare come una sistematica distruzione delle istituzioni nel paese. Gli incendi sono una conseguenza immediata di un emendamento costituzionale, concepito dal presidente del Brasile e ora in discussione al Parlamento, per cessare le demarcazioni della terra indigena, il che significherà lo sfruttamento delle risorse naturali da parte delle compagnie internazionali. Il presidente – attaccano con parole chiare gli storici dell’arte – sembra aver dato il suo consenso a proprietari terrieri senza scrupoli per incendiare le foreste e invadere le terre indigene protette dalla tuttora valida Costituzione del 1988”. L’allarme per la foresta si estende alle popolazioni: la politica di Bolsonaro “ha scatenato l’attacco alle comunità indigene in tutto il paese e ne deriverà quello che probabilmente sarà uno dei genocidi più vasti di queste popolazioni nel 21esimo secolo”.
A ragione gli storici dell’arte inseriscono questa politica rapace, distruttiva e votata solo all’interesse di pochi in una strategia autoritaria complessiva. Segnalano “un incremento fortissimo di violenza contro gli afrobrasiliani, gli abitanti delle baraccopoli, le comunità Lgbtq e le donne. Solo per dare una cifra dei femmincidi in Brasile, da gennaio 2019 sono state uccise quattro donne al giorno rendendo il paese uno dei più violenti contro le donne” e pari al 40% dei femminicidi commessi nel continente.
Questa politica, proseguono gli storici dell’arte brasiliani, equivale a un attacco costante alla cultura, alla cancellazione del ministero della cultura, alla ristrutturazione del dicastero della Scienza e Tecnologia e quello dell’Educazione. Le università vengono finanziariamente falcidiate. È una “distruzione programmata’”. Favorita anche da “un’ascesa dell’anti – intellettualismo tornato utile insieme a una mentalità oscurantista che tratta le scoperte scientifiche”, i “diritti civili e i diritti umani universali” come “puramente ideologici”. Questa “miscela fatale costerà il futuro del Brasile”, avvertono gli storici dell’arte, e, se si procede così, è sul punto di costare “il futuro dell’umanità”.
Il link al documento in inglese