Un giorno d’estate a Casarsa, nel Friuli di Pasolini

Nel paese ci sono le radici, la matrice linguistica, l’origine poetica e politica e la tensione dell’autore che riposa in un cimitero circondato dalle viti

Un giorno d’estate a Casarsa, nel Friuli di Pasolini
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12 Settembre 2018 - 11.08


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Irene Gianeselli

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Erano le due di un pomeriggio d’agosto quando sono arrivata a Casarsa. Ho capito di esserci quando il paesaggio ha cominciato a parlare ai miei occhi con i versi di Pasolini: ho visto i “teneri grigiori del Friuli”, ho visto come “dormono gli uccelletti che cacciano / i ragazzetti friulani, nei dopopranzi / in cui il Tagliamento è grande come un deserto, e, tra le viti ferme come in sogno e i gelsi / che già profumano di seta, i campi di pannocchie / sono come branchi di leoni ruggenti. / Essi dormono, o covano sonno, / in qualche albero ch’è un sogno trovare, / e, intorno, i cespugli di more / nel biancore del sole delle due, / sembrano eterni […] / magari mentre fischia il vecchio treno per Venezia”.
Casarsa non sembra essere davvero cambiata, in piazza c’era un ragazzetto che correva dietro ad un pallone e il cimitero dove Pasolini riposa è circondato da viti a perdita d’occhio. “In cielo la luce acceca”, com’è vero ho pensato, e intanto il canto delle cicale riempiva l’aria ferma. Sono arrivata a casa Colussi avvolta in un caldo che credo Pasolini non abbia conosciuto così torrido. Adesso le stanze di Susanna e della sua famiglia sono un po’ cambiate, sotto la guida attenta e ricca di dettagli di Piero Colussi, attuale presidente del Centro Studi dedicato a Pasolini, ne ho visitato le mura e mi ha stupito capire che a volte cerchiamo i poeti dove non sono più: Pasolini non è per le scale o in quella che fu la sua stanza. La cura e la devozione della compianta Angela Felice e di Piero Colussi tengono vivo il ricordo e custodiscono un suo passaggio, ma Pasolini è nelle sue parole e le sue parole si spostano continuamente. È stata una sorpresa che mi ha riempito di speranza, oltre che di stupore. Scoprire Casarsa è una tappa fondamentale, ci sono le radici, la matrice linguistica, l’origine poetica e politica e la tensione a capire i moti che coinvolgono il sottoproletariato, le corse fino a perdere il fiato, ma il sorriso che si accende è lieve, velato da una inquietudine che spinge a spostare altrove lo sguardo. Pasolini da Casarsa non è mai partito eppure non c’è mai tornato. Mi sono tornati in mente i versi di Biglietto lasciato prima di non andar via di Caproni:

Se non dovessi tornare, / sappiate che non sono mai / partito. / Il mio viaggiare / È stato tutto un restare / qua, dove non fui mai.

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Forse questa condizione è il privilegio e la maledizione dei poeti. Forse è il privilegio e la maledizione di Pasolini, ma alle maledizioni io non credo.
Piero Colussi mi ha accennato dei progetti futuri del Centro e mi ha raccontato il desiderio di dare il giusto spazio alle origini del poeta, gli sforzi di aprire agli studiosi di tutto il mondo le porte di Casa Colussi sono davvero commoventi. Credo ormai sia un dovere della mia generazione studiare questo poeta senza alcun pregiudizio. Credo sia un nostro dovere studiare tutti i poeti senza alcun pregiudizio, è un vizio tutto italiano tramandare le superstizioni e le impressioni sommarie, i giudizi, le assoluzioni, ma se c’è una cosa che le strade di Casarsa e le rogge intorno mi hanno confermato è che i poeti vanno cercati nelle loro poesie (che siano immagini o parole ha poca importanza, i livelli possono mescolarsi, confondersi e temere l’incontro è l’unico peccato mortale).
Seduta poco fuori il cimitero mi sono scoperta a pensare ad alcuni versi che si trovano oggi pubblicati nel primo volume dei Meridiani Mondadori, fanno parte delle Appendici a L’usignolo della Chiesa Cattolica, il titolo è Consolazione. C’è un figlio del Friuli che ritrova e dialoga con l’immagine del padre tornato dall’Africa:

FIGLIO Ecco, padre, tu torni / – sulla tua vecchia sedia – / di fronte a me seduto. // Non sembri quello antico […]

IMMAGINE del padre Sei forse sconsolato?

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FIGLIO Sì, il peso del mio amore / non reggono gli sguardi / di chi mi vive intorno. // È un’attesa di secoli / che affratella in speranza: / qui mi duole il soggiorno.

IMMAGINE Ah, per ciò son venuto! / Tu non sei solo sopra / l’innocenza che vive. / Così tu e chi nei secoli / specchia il volto dolente / soffra per chi non sa.

Lo spunto biografico è come sempre solo un pretesto, Pasolini parla in realtà della condizione universale dei poeti che tornano dove tutto è cominciato, per non finire. Questo è in Casarsa e molto altro in chi vorrà seguire le tracce del poeta fanciullo.

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Ringrazio Piero Colussi ed Elisa Miglioranza per l’accoglienza e la preziosa guida nel Centro e oltre.

Le citazioni sulla luce di Casarsa e sul Tagliamento sono tratte dalla poesia O me donzel (Poesie a Casarsa, Libreria Antiquaria, Bologna, 1942) e Poema per un verso di Shakespeare (Poesia in forma di rosa, Garzanti, Milano, 1964).

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È qui citata Biglietto lasciato prima di non andar via di Giorgio Caproni (Il franco cacciatore, Garzanti, Milano, 1982).

 

Centro Studi Pier Paolo Pasolini Casarsa della Delizia

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