Il coraggio di un ragazzo gay nell'Italia degli indifferenti

Domenica scorsa, a Roma, Federico è stato aggredito da 4 teste rasate. Ha denunciato tutto compresa l'indifferenza

Il coraggio di un ragazzo gay nell'Italia degli indifferenti
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10 Aprile 2018 - 11.40


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di Delia Vaccarello

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Pestato. Aggredito. Insultato seguito minacciato. Da 4 emuli di Arancia meccanica targati noantri. Domenica caldissima a Roma. Nelle strade solcate dalla maratona, dal fiume in piena di corridori, nella Roma che non trova un governo, capitale di un Paese che ha premiato le intolleranze votando chi prometteva di rivedere la legge sulle unioni civili, Federico è stato brutalizzato. Nelle stesse ore in cui stavamo presentando il libro di Rosario Coco “Storie fuorigioco” che parla proprio dei tabù nel mondo del calcio e narra di amori ma anche di pestaggi, Federico, giovane gay di 21 anni, veniva brutalmente ferito da 4 naziskin alla stazione Tiburtina. Noi – Vanni Piccolo, Rosario Coco, Francesco Lepore, Mauro Cioffari, Roberta Meseti Adriano Bartolucci Proietti, e io che scrivo – parlavamo del racconto “Entra in campo amore” dinanzi a una platea di sensibili partecipanti, uno scritto al quale Coco affida la speranza che l’amore tra allenatore e giocatore possa viversi alla luce del sole. Ma la frase toccante fa riflettere e ha molti significati: entra in campo amore, e che l’odio incalzante verso i “diversi” (gay, lesbiche, transgender, migranti, “non una di meno”, gente non allineata atei ecc. ) sia davvero messo fuori gioco. Ma quando vincera l’amore? Vale a dire la convivenza civile? Ma davvero vogliamo che vinca l’odio? Ma basta!

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Noi denunciavamo il clima nel mondo del calcio che premia l’inesistente “vero uomo”, e la medesima ideologia armava in quegli istanti il braccio di quattro aggressori.
Eravamo a pochi passi. Ci sono poche fermate di metro da Piramide a Tiburtina. La stazione Tiburtina è considerata quella più di passaggio, aperta, snodo ferroviario di nuova generazione. Ma il pestaggio ha scavato un abisso tra noi e i treni che portano in Europa, l’Europa che ha tanto sollecitato in Italia la nascita di una stagione di diritti.

A un fiato da Tiburtina lì una nuova/vecchia generazione di picchiatori ha scelto la via antica dei calci e dei pugni, della rapina, dell’olio di ricino. 
Che bella preda un giovane frocetto solo.
Federico cerca di sfuggire ma non ce la fa. E oltre al dolore, adesso punta il dito contro la grande complice: l’indifferenza.  Che osserviamo a vari livelli: in queste ore si chiede da più parti (Monica Cirinnà, orlandiani dem) alla Sindaca e non solo di pronunciarsi e uscire dal silenzio.
“Uno di loro aveva un tatuaggio sulla nuca con la croce celtica – dice Federico -. Stavo tornando a casa dal primo giorno di lavoro, mi hanno puntato un coltello alla schiena. Poi mi hanno preso a calci anche quando ero a terra. Mi hanno rubato il cellulare e il portafogli, prima di andare via mi hanno sbattuto la borsetta in faccia. Mi sembra strano che all’ora di punta nessuno si sia accorto di nulla”.
Cinque giorni di prognosi, solidarietà dal Circolo Mario Mieli. E il coraggio. Federico ha denunciato, ha voluto che fosse scritto nel verbale pestato perché gay. Lamenta che se i naziskin verranno processati, non ci sarà una legge contro l’omofobia ad aggravare la pena.

Domenica non sono giunte fino a noi le urla di Federico, le sentiamo oggi, le accogliamo, chiederemo tutti giustiza. Diciamo basta a questo deja-vu. 
Paese senza o quasi leggi di civiltà che guardano ai nuovi diritti. I votati litigano, i votanti si innamorano dei muri. Quanto è lontana Roma dalla Ungheria? Che distanza c’è tra il nostro non governo e la terza elezione di Orbàn che ha un debole per il filo spinato, per le barriere anti tutto (anti-migranti, e per estensione anti ecc.)? 

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Il  treno  deve partire da Tiburtina verso la terra del rispetto, ma domenica è stato fermato. Dall’odio. 

 

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