Moro, la Renault 4 e quel garage di via Montalcini: il racconto brigatista non torna

La Commissione d'inchiesta e i Ris nel garage dove, secondo la versione delle Br, uccisero il leader Dc il 9 maggio del 1978 a Roma.

Moro, la Renault 4 e quel garage di via Montalcini: il racconto brigatista non torna
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Roberta Benvenuto Modifica articolo

4 Maggio 2017 - 16.41


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Trentanove anni dopo, la presunta scena del crimine politico più misterioso d’Italia torna a rivivere. È via Montalcini 9. E la dinamica da ricostruire è quella dell’uccisione di Aldo Moro il 9 maggio del 1978. Gli spari, la Renault 4 (rossa, come l’originale), le stesse due armi, la mitraglietta Skorpion e la pistola Ppk.

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Trentanove anni dopo il Ris torna nel garage dove i brigatisti Moretti e Maccari dissero di aver ucciso Aldo Moro. Sulle modalità dell’uccisione si sa che chi ha ammazzato il leader Dc promotore del compromesso storico lo guardò negli occhi. Ma, trentanove anni dopo, sono ancora tanti i punti che non tornano.

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Foto dell’on. Gero Grassi

Il sopralluogo. Ad arrivare per primo nella via della periferia sud-est di Roma, zona Magliana, il comandante Luigi Ripani, l’uomo che guida le operazioni dei carabinieri che stanno ricostruendo le scene del crimine più noto delle Br, quello che Sciascia da subito definì ‘Affaire Moro’, dalla strage di via Fani al tragico epilogo, con l’omicidio dell’uomo del compromesso storico nel box dell’appartamento-prigione del primo piano.

Ripani è arrivato con sottobraccio il libro ‘Il prigioniero’ di Anna Laura Braghetti, uno dei quattro carcerieri di Moro, oltre i due che si sono autoaccusati degli spari, c’era infatti Prospero Gallinari, rimasto in casa quella drammatica mattina, che cambiò la storia della Repubblica.

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Foto dell’on. Gero Grassi

Due domande. Obiettivo (dichiarato) degli investigatori, quello di verificare il racconto di quei momenti. Due le domande principali che la Commissione Moro del presidente Fioroni ha posto: la prima è se è possibile che gli spari, alcuni in sequenza e altri unici, alcuni silenziati e altri no, possano essere passati inosservati, non ascoltati da nessuno, 39 anni fa.

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La seconda e se quella R4, poi ritrovata a via Caetani, entrasse in quel piccolo box, permettendo in spazi angusti di far sdraiare Moro nel portabagagli, lasciando lo spazio necessario per sparare a chi aveva il compito di uccidere il presidente, mentre l’auto era con il muso rivolto all’uscita, con mezza saracinesca aperta.

Attesa per perizia dei carabinieri che verificherà il racconto dei terroristi. Domande a cui il Ris cercherà di rispondere con le sue perizie, che arriveranno a breve. Nel frattempo i tanti politici della Commissione presente, i carabinieri e gli abitanti del condominio, fanno le loro ipotesi. Per alcuni il rumore degli spari è assordante: “impossibile che non si siano sentiti” e quindi qualcosa non torna, per altri, che si sono posizionati nei pianerottoli soprastanti invece “da lì non si sentiva nulla”. Alla fine, sono passate oltre quattro ore, e gli uomini del Ris hanno smontato le apparecchiature portate.

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Foto dell’on. Gero Grassi

 Le nuove tecnologie, gli apparati elettronici, i misuratori del rumore delle armi e poi la R4, prestata da un comune cittadino, lasciano in corteo il garage. Il ‘nuovo’ proprietario del box, chiude la saracinesca. “È una storia di quasi 40 anni fa, la casa la comprò mia suocera, ora ci vive mia figlia, ma noi nel garage non abbiamo mai toccato nulla, è rimasto così com’era…”.

“Il sopralluogo è stato di grande impatto emotivo – racconta Gero Grassi, componente della commissione parlamentare d’inchiesta- anche perché le prove sono state realizzate portando dentro il box una R4 identica a quella usata nel ’78 dai brigatisti. La prima forte sensazione che si ha arrivando in via Montalcini è che la presunta prigione del popolo (le Br sostengono che in quel palazzo all’interno 1 è stato tenuto Moro per 55 giorni) sarebbe stata collocata in un luogo assai esposto e pieno di insidie: l’appartamento affaccia sulla strada, contiguo quasi con l’esterno e alle finestre si arriva da una grande veranda. Quanto al box dove sarebbe stata parcheggiata l’auto: non si chiude la saracinesca perché l’auto non entra interamente se ha il cofano aperto. Quindi tutte le operazioni sarebbero state fatte con la porta basculante aperta. Poi non c’è abbastanza spazio per far entrare nell’abitacolo una cesta: mentre le Br sostengono che così hanno portato il presidente Moro all’interno del bagagliaio dove poi è stato ritrovato. Ancora: gli spazi ristretti impongono allo sparatore di essere a dieci centimetri dal volto di Moro. Infine, i colpi sparati dagli uomini del RIS, a noi che eravamo senza protezione acustica, hanno dato l’impressione che scoppiasse una bomba: possibile che nessuno degli abitanti del palazzo sentì rumore quella mattina del 9 maggio?

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